Da sempre amante della sua città, Napoli, per due volte a capo della Repubblica, aveva 98 anni
Alle ore 19.45, di oggi, clinica Salvator Mundi al Gianicolo in Roma è morto senatore Giorgio Napolitano, già presidente emerito della Repubblica.
Napoletano, di eleganza regale (molti lo chiamavano Re Giorgio, per le sue capacità di mediazione e anche per una somiglianza notevole con l’ultimo Re d’Italia, Umberto, principe di Napoli), aveva militato per anni tra i Miglioristi del Pci e poi nel Pds. Il parlamento, per lui, non aveva segreti, tanto da essere stato nominato presidente della Camera e per due volte Capo dello Stato, nel 2006 e nel 2013.
Un Parlamento annichilito, dopo aver bruciato l’elezione di Franco Marini e soprattutto di Romano Prodi lo rielesse al Colle, inondandolo di applausi, ma lui, nonostante la rielezione, tenne nell’aula di Montecitorio un discorso durissimo nei confronti di un’intera classe politica. Si è sempre battuto per la continuità in politica e la stabilità, cercando di evitare scioglimenti anticipati delle camere Molto preciso nel suo modo di fare (si definì «pignolo»), era attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile ha dovuto affrontare l’insidiosa crisi economica del 2008 oltre che quella del 2011.
Il momento più buio fu il suo coinvolgimento indiretto nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia con l’eccezionale deposizione alla Corte di Palermo salita in trasferta al Quirinale e poi la distruzione di alcune intercettazioni.
Europeista convinto, Napolitano ha sempre sostenuto l’indispensabilità dell’Unione europea convincendosi via via che, così come in Italia, solo decise riforme dell’euroburocrazia potevano frenare il distacco dei cittadini e raffreddare il populismo crescente. Protagonista delle politica italiana ai massimi livelli, per nove anni, dalla forte presenza del centrosinistra a quella del centrodestra e al ciclone grillino, riuscì a trovare sempre una soluzione istituzionale, tanto che il New York Times lo definì “Re Giorgio”.