I Palermitani applaudono i carabinieri mentre passavano con il boss in manette. Dopo 30 anni di latitanza fermato l’ultimo padrino di quelli storici. La lotta continua per assicurare gli altri boss
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza. L’ultimo degli storici padrini è stato fermato mentre era nella clinica privata La Maddalena di via San Lorenzo dove si stava curando da un anno per un tumore ed era stato operato.
Era arrivato intorno alle ore 8 per un day hospital sotto falso nome (Andrea Bonafede) al reparto di Oncologia della clinica nel quartiere di San Lorenzo. Secondo testimoni, i carabinieri del Ros sono arrivati su un camion a noleggio per non destare sospetti e si sono posizionati piano per piano: avuta notizia della presenza dei militari avrebbe tentato di fuggire arrivando fino al bar della clinica dove è stato arrestato.
I Palermitani applaudono i carabinieri mentre portano fuori Matteo Messina Denaro. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
LE PRIME PAROLE DEL BOSS
Dopo essere fuggito, circondato dai carabinieri ha detto: «Sono Matteo Messina Denaro»
IL RACCONTO DELLA DIRETTRICE DELLA CLINICA PRIVATA
Stefania Filosto, la proprietaria-direttrice della clinica La Maddalena ha raccontato: «Era in coda per fare un tampone, come tanti pazienti della clinica, nessuno avrebbe mai pensato che si trattasse di Matteo Messina Denaro.
Confuso fra i pazienti, e coperto da un falso nome in attesa nell’area esterna della clinica dove improvvisamente sono comparsi degli uomini armati alla vista dei quali il boss, ormai vecchio e malato, ha tentato di fuggire superando i cancelli fino a via San Lorenzo dove i carabinieri del Ros lo hanno acciuffato». La direttrice ha aggiunto: «I carabinieri sono stati bravissimi… . Tutto si è svolto in pochi minuti fino a quando quegli uomini armati sono riusciti a infilare il boss dentro un furgone alzando le dita in segno di vittoria come si sono messi a fare tanti pazienti a fare tanti nella clinica e io stessa che sono felice per questo arresto».
Ed ancora: «Fuggiva a piedi vecchio e malandato. Cercavo di calmare i pazienti alla vista degli uomini che lo inseguivano armati, tutti preoccupati sotto la pioggia, non sapevamo chi fosse ma quando lo hanno preso io ho pianto per la felicità».
L’ARRESTO DI UNO DEI FIANCHEGGIATORI QUESTA MATTINA
All’Arma e alla procura di Palermo i complimenti da parte delle più alte cariche dello Stato. Nel 2008 il suo ultimo messaggio intercettato. Da allora un muro di silenzio.
CHI È MATTEO MESSINA DENARO
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Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano (Tp) Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa.
“Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”. Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma.
Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.