L’imprenditore Alfonso Vicidomini fa una riflessione sul “fare impresa” e sul prossimo futuro. Si tratta del pensiero di un imprenditore nocerino, tra l’oggi e il domani
Le attività imprenditoriali, sia dell’Agro nocerino e sia dell’intero territorio nazionale, dovranno fare i conti con la crisi e su come superare questa impasse. Alfonso Vicidomini, imprenditore di Nocera Inferiore, fa una lettura tra passato, presente e futuro, ed esprime il suo pensiero.
“Nonostante gli eventi che si son susseguiti dall’inizio del secondo millennio, – dichiara l’imprenditore – la dura realtà, nel suo moto perpetuo, non è riuscita ancora a distruggere il sogno che noi imprenditori da sempre, strenuamente, continuiamo a custodire e preservare. Fare Impresa! Ed è realmente un’impresa volare basso e respirare la polvere dell’immobilismo e non l’aria fresca del cambiamento, è realmente un’impresa nuotare nel fango, con la bassa marea. Sentiamo solo e sempre parlare di navigazione, del problema di come navigare, ma non si parla mai di destinazione, di dove si vuole andare. Così, navighiamo senza un target preciso, solo per perdere le forze, per perdere noi stessi prima di una meta che non scorgiamo. Qual è l’imprenditore che oggi, in questo scenario, può definire chiaramente un percorso, un progetto ad un anno, a due o tre anni, e chi lo aiuta a farlo? Qual è l’imprenditore che può immaginarlo, che può riporlo dentro al cassetto ed ogni mattina verificare lo stato di avanzamento, calcolare quante bracciate mancano all’orizzonte”.
E se il fine e la destinazione restano gli obiettivi di una impresa, la concorrenza e le istituzioni, non possono essere trascurate.
“Oltre al pressing strategico dei mercati, – continua Vicidomini – dobbiamo confrontarci con una burocrazia che s’interpone tra i sogni, “business plan”, e la realtà e li ostacola! Sostanzialmente, gli scenari con cui confrontarsi sono due, il mercato comparativo, cioè più o meno degli altri, ed il mercato competitivo, ossia distinto dagli altri e con essi in gara. In questo contesto, non possiamo navigare da soli e tracciare una destinazione individuale, così siamo fuori, la nostra destinazione è in maniera consequenziale dettata dal contesto operativo e deve essere condivisa, coordinata e sinergicamente intrapresa. La presa di coscienza da cui salpare è comprendere che non vi è un mare per ognuno di noi, ma uno stesso mare che va navigato assieme, evitando quegli impedimenti burocratici che come iceberg ci costringono a virare ed impongono un percorso più tortuoso, più lungo, con spreco di energie e ricchezza che avrebbero ben altra migliore destinazione. Quanto dobbiamo perdere prima di arrivare ad Itaca? Viviamo in un periodo storico basato sulla velocità del progresso, grandi numeri e tecnologia.La durata dei modelli di società ci permette di capire a quale velocità corre il cambiamento: docietà agricola 9700 anni, quella industriale 270 anni, dei servizi 35 anni, e la società globale e digitale? Per la prima volta nella storia, 4 generazioni apparentemente inconciliabili, lavorano fianco a fianco, giovani e più esperti, dai 20 ai 65 anni, ciascuno con propri e diversi modi di comunicare e progettualizzare.Tutto ciò ci deve far capire che la crisi è una costante, un momento di transizione esteso quanto un’era, in attesa del meteorite di nuovi modelli di business, di nuovi scenari sociali, viviamo un mondo diverso nel quale dobbiamo modificare l’approccio e l’operatività”.
Ovviamente, dalle analisi di un contesto si arriva alle soluzioni, quelle che poi tracceranno la strada per il futuro.
“Oggi penso – spiega l’imprenditore – sia giunto il momento di scrivere insieme, con tutte le parti sociali, la nostra destinazione e pretendere che gli indirizzi tracciati siano reali, realizzabili, ma soprattutto quantificati, una bussola che possa consentirci in qualsiasi momento di sapere dove ci troviamo.
Soltanto cosi potremo integrare, ognuno con la sua parte, un percorso trasparente con coordinate chiare e certe, ed avanzare sinergicamente tutti insieme nella stessa direzione, verso la meta. Noi siamo imprenditori e altro non possiamo fare che analizzare numeri, prevedere scenari, affamati di risposte per le nostre aziende. Non abbiamo bisogno di tempo, ma di anticiparlo, quel tempo che può permetterci di essere competitivi e non comparativi, quell’anticipo sul tempo che possa darci quel vantaggio sulle crisi, quel tempo che ci stanno rubando dalla nostra clessidra. Poi, continuano a parlare di riscatto del Sud, che l’Italia cammina a due velocità. Incolparci l’un l’altro, puntarsi il dito, servirà solo a scalfire ancor di più inesorabilmente quella clessidra che tentiamo di arrestare.
Dunque armiamoci d’orgoglio e resilienza, ripartiamo dai risultati, creiamo nuove formule. Nessuno è assolto, siamo tutti coinvolti. Il futuro non lo conosciamo, ma l’abbiamo immaginato, lo abbiamo sognato e continuiamo a farlo ogni mattina che entriamo in azienda. Cultura=capitale, non vi è altra strada, la cultura è capitale economico ed umano, il capitale non produce ricchezza senza cultura, essa è il suo motore più potente. La ricchezza prima di essere distribuita dev’essere prodotta, nessuno seminerà un seme in un terreno arido, ed a noi imprenditori toccherà l’onere di farlo e di farlo salvaguardando il contesto dove operiamo, stimolando e favorendo la crescita culturale del nostro Territorio. Alla politica il compito di tracciare una strada senza buche e creare opportunità in linea con le aspettative del territorio, governare i processi sociali nell’interesse di tutti e ricercare e favorire ogni possibilità tendente a ciò”.
Vicidomini non accusa o rimprovera nessuno, la sua riflessione ed il suo pensiero, vanno in una direzione ben precisa, quella di continuare a far ardere la fiamma della speranza.
” Mi auguro che in questo scenario virtuale e negativo, – sottolinea l’imprenditore – si possano risvegliare coscienze che ridiano la speranza almeno di proseguire il sogno, riaccendere il driver della speranza. Un uomo solo che sogna è un folle, ma tanti uomini che sognano all’unisono, sono il nuovo che avanza. Noi come imprenditori ce la metteremo tutta affinché possa instaurarsi un dialogo continuo e costruttivo per ridare dignità a tutte le persone che continuano a battersi per il bene comune. Siamo una squadra forte e voglio sperare, in questo momento delicato, una famiglia. La coesione di intenti che ho riscoperto nel Consorzio e tra gli imprenditori è un valore che va protetto, e che si e rafforzato ancor di più dinanzi alle criticità comuni, facendo emergere la volontà di allargare la squadra con new entry che tengano a cuore la nostra terra e che diano un contributo fattivo alla costruzione di un progetto: far rivivere le nostre imprese oltre che la vita degli imprenditori e migliorare la qualità della vita di questo Territorio. Sì perché l’impresa è un bene comune, e senza impresa non può esserci ripresa.
Se l’impresa è nata dentro di noi, il fine è che possano crescere e sopravvivere oltre noi, nei cuori e nelle menti di chi parteciperà alla staffetta. A noi il difficile compito di imprimere valori ed esempi, come lo si fa con i nostri figli, di restare fedeli ad essi, a noi la forza di legarci all’albero maestro dei nostri ideali e non ascoltare le sirene. Invece, tutti agiamo nell’egoismo individuale, ognuno pensa di fare il suo piccolo interesse, senza ottenere nulla, distruggendo quella cultura che i nostri padri, con una vita di lavoro e sofferenza, avevano costruito. Non sappiamo dove andiamo! Sia chiaro, non sto incolpando nessuno, sto solo invitando tutti alla costruzione di un nuovo sistema sociale, con una visione prospettica e sostenuta da valori anche intangibili. Mi chiedo e vi chiedo, come si possono risolvere problemi comuni anteponendo richieste per la soluzione di problemi personali? Come fermiamo la caduta di questa Città se continuiamo a pensare solo al nostro piccolo orticello? Facciamo parte inevitabilmente di un sistema, che deve funzionare in tutte le sue parti”.
“L’invito alla politica – conclude – Vicidomini – è questo, e soprattutto l’auspicio, indipendentemente dalle appartenenze politiche, è che prima di tutto noi ritorniamo ad essere cittadini e come tali guardare al futuro, ai problemi comuni, come l’ambiente, l’economia, lo sviluppo, l’istruzione, il calo demografico, la desertificazione, ed altri fattori che non hanno soluzioni frammentate, sono tutti problemi comuni che debbono essere visti e risolti in una complessività che ci riguarda tutti, con dialogo e confronto, costante, costruttivo ed inclusivo. Uniti ed insieme possiamo farcela. Forza imprenditori, forza imprese, forza cittadini, forza politica”.
gc