Una svolta per il disastro ambientale del febbraio 2018 i cui effetti dalla Sicilia alla Sardegna e alla Corsica. Quello che si apre è il primo processo per l’inquinamento di plastica in Italia
Il gup del tribunale di Salerno, Vincenzo Pellegrino, ha rinviato a giudizio per disastro ambientale e inquinamento doloso in concorso tutti e otto gli indagati per lo sversamento in mare di 130 milioni di filtri di plastica dal depuratore di Capaccio Paestum, nel febbraio del 2018. Secondo l’associazione ambientalista Clean Sea Life, si tratta del primo processo in Italia per inquinamento da plastica in mare. I dischetti erano finiti sulle spiagge di tutto il Mar Tirreno, dalla Sicilia alla Francia, dalla Sardegna alla Corsica. La maggior parte, per il gioco delle correnti marine, si spiaggiò sul litorale pontino, tra Gaeta, Formia e Scauri, tanto da impegnare notevolmente Comuni e il volontariato per rimuoverli.
Gli imputati sono gli ingegneri del Comuni di Capaccio-Paestum Carmine Greco e Gianvito Bello, Gerardo De Rosa e Angelo Corradino, ex amministratore unico ed ex direttore tecnico dell’azienda speciale “Paistom”, Antonino Fiore, direttore dei lavori dell’impianto, Giuseppe Iodice, collaudatore, Guido Turconi ed Elio Bardone, il primo legale rappresentante, il secondo direttore dei lavori della Velia Water Tecnologies spa, che si era aggiudicata i lavori di adeguamento e ripristino del depuratore. Uno degli imputati, Angelo Corradino, ha scelto il rito abbreviato. Sono state accolte le richieste di costituzione di parte civile di Legambiente, Wwf e Codacons, del Comune di Formia e di quello di Latina.