Sarno. Don Antonio Agovino: “Prendiamoci cura l’uno dell’altro”

Sono don Antonio Agovino, parroco della comunità di San Teodoro Martire in Sarno. Questo il mio messaggio di speranza e fiducia in Dio che ho voluto scrivere in occasione dell’anniversario del tragico incidente che colpì la mia povera persona il 15 novembre dello scorso anno. Dopo momenti brutti, trascorsi tra rianimazione e paura di non farcela, oggi grazie a Dio sono ancora qui: e per questo, con questa mia testimonianza, vorrei esortare tutti a riporre speranza e devozione in Dio, attraverso la preghiera, affinché ci allontani da questo virus e da questa angoscia che sta caratterizzando i tempi contemporanei.

«Facciamoci portatori di una carezza di Speranza», la testimonianza di don Antonio Agovino ad un anno dal tragico incidente stradale. Carissimi Fratelli e Sorelle, di fronte a questa pandemia che da mesi incalza minacciosa, desidero aprirvi il mio cuore e lo faccio attraverso questa lettera. Domenica 15 novembre 2020 ricorre il primo anniversario del tragico incidente che ha visto coinvolta la mia povera persona e che mi ha permesso di sperimentare sulla mia pelle il Calvario di Cristo, tutto il travaglio della crocifissione: un mese di rianimazione, la paura della morte, il timore di non farcela, la lunga riabilitazione. Ma ringraziando Iddio ne sono uscito rinato e purificato. Ho saggiato la Potenza salvifica della “comunione di preghiera” e la Speranza intesa come pienezza della vita e, con queste mie parole, vorrei trasmettere a voi il mio messaggio di fiducia. Il virus ormai ci ha chiusi in casa, ci ha condannati alla solitudine, la paura del contagio sta logorando le nostre menti, i nostri corpi, i nostri cuori e, ahimè, spesso è assai più devastante del virus stesso! Siamo immobilizzati, vorremmo fare qualcosa, andare incontro al fratello più bisognoso, ma la paura del contagio spesso ci frena e, invece, dobbiamo essere più forti e coraggiosi. Apriamoci alla solidarietà, senza riserve, e alla carità. «Facciamo un bagno di umiltà», come direbbe il card. Angelo Comastri. Stiamo camminando TUTTI sullo stesso filo del rasoio ed INSIEME dobbiamo tentare di rialzarci. L’unica arma che possediamo è quella di prenderci cura l’un l’altro, di amarci come Dio ha amato noi dando la sua stessa vita per redimerci. “Per il resto, attingete la forza nel Signore e nel vigore della Sua Potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo… Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove… Tenete sempre in mano lo scudo della Fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della Salvezza e la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito” (Efesini 6). Ebbene sì, la preghiera, alla fine, rimane l’unica medicina e l’unica forza contro ogni male. “Se si prega per qualcuno gli si manda un po’ della propria forza” (Etty Hillesum). E allora preghiamo tutti insieme per i medici, i paramedici, gli infermieri, gli operatori socio sanitari che ogni giorno svolgono il proprio lavoro in maniera professionale correndo non pochi rischi; per le forze dell’ordine che quotidianamente si adoperano, mettendo a repentaglio la propria vita, per garantire il rispetto delle leggi e la sicurezza nelle nostre città; per tutti quei lavoratori che stanno attraversando un periodo di grave crisi economica e sono costretti a chiudere le proprie attività e con esse i sogni di una vita; per i bambini e i ragazzi ai quali è negata la spensieratezza della loro età, per gli ammalati e le loro famiglie, per gli anziani nelle case di riposo, per i poveri, per chi una casa non l’ha più, per i carcerati; per coloro che ci governano e che in questo momento si trovano a dover prendere decisioni importanti per la salvaguardia del bene comune, cercando di preservare “a tutti i costi” la salute.

In questo periodo così delicato, impegniamoci ad utilizzare la rete e i vari social, accusati spesso di privarci della nostra identità appiattendone l’essenza, per comunicare e mantenere vivi i rapporti con tutti i fratelli soprattutto quelli in difficoltà, quelli che in questo preciso istante sono alle prese con il “nemico invisibile” e che si sentono più soli e abbandonati che mai, facendo arrivare loro una parola di conforto, una carezza dolce e calda come il fuoco di un roveto ardente che mai si consuma. “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata mio Compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo.” (Isaia 62,4). Il dolore ha un peso diverso se condiviso. Alziamo la cornetta del telefono con il desiderio di sentire la voce di chi sta dall’altra parte e lasciamo che il suono di quella stessa voce si depositi sulle corde del nostro cuore creando così una dolce armonia tra le anime, che non è altro che il respiro di Dio in noi. Poniamoci in ascolto delle parole quanto dei silenzi. È il tempo delle parole gentili e degli ascolti prolungati. Ascoltiamo il cuore, solo così potremo entrare in sintonia con l’altro, entrare in empatia con l’altro, stare vicino all’altro. In quanto cristiani facciamoci portatori di una carezza di Speranza. Annunciare la Speranza in questi tempi immersi nella totale sfiducia è un dono, una Grazia che viene dall’alto. Fiducia, Impegno, Perseveranza, Responsabilità e Rispetto sono, a mio avviso, le cinque facce della Speranza. «La Speranza è un’ancora che non delude. Il fine della Speranza è andare da Gesù», ha ribadito il Papa nel corso della Santa Messa al cimitero teutonico, il 2 novembre scorso. “E colui che verrà a me io non lo caccerò fuori” (Gv 6,37). Ritorniamo al Signore, nostra Roccia. Lui è la nostra ancora di salvezza, Colui che non ci abbandonerà in questo inverno gelido, ma ci indicherà il sentiero che porta alla primavera, al risveglio, a una meravigliosa fioritura. Assicuro la mia preghiera ad ognuno di voi e vi affido al cuore immacolato di Maria, in cui risiede la vera Luce della Speranza. Lei, che conosce maternamente tutte le nostre sofferenze e le nostre lotte, accolga il nostro grido di aiuto, di disperazione e le nostre suppliche senza disprezzarle. Cerchiamo rifugio nel Suo abbraccio di Madre affinché ci liberi dallo smarrimento delle coscienze, dai peccati e ci riveli l’infinita potenza salvifica del Figlio Suo. Sappiate che IO, don Antonio, CI SONO! Per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi. Siamo matite spezzate che colorano ancora, che aspettano, tra le nuvole e il mare, di dipingere un nuovo ARCOBALENO sulla scia dei raggi del sole di là dal temporale… Vi benedico di cuore!
Vs don Antonio Agovino
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