Prossimo il ricorso al Presidente della Repubblica
La battaglia per un esame di abilitazione più equo e meno farraginoso continua. Il segretario nazionale dell’associazione praticanti avvocati, Nello Mancuso, non smetterà di agire contro un sistema che, in virtù delle ultime vicende, sembra ormai essere consolidato. Un muro di gomma quello eretto dall’establishment contro cui Mancuso sta lottando da mesi. La questione nasce dall’ultimo esame di abilitazione dei praticanti della provincia di Salerno che ha visto bocciare il 71% dei candidati, su 800 partecipanti, 600 sono stati mandati a casa, e solo 200 (il 29%) hanno superato gli scritti. Un numero di promossi per la prova orale davvero minimo. È di sicuro un record amaro, una percentuale di bocciati tra le più alte in Italia. Eppure, l’anno prima, il 50% degli aspirati avvocati della provincia di Salerno, aveva superato gli scritti. Gli elaborati di quest’anno sono stati corretti dalla Corte di Appello di Lecce, mentre lo scorso anno da quella di Bari. Due città della stessa Regione, con due differenti percentuali. Al di là del dato geografico che, molto probabilmente, non dovrebbe incidere sull’esito delle correzioni, ciò che ha destato perplessità, è la tempistica. Nonostante i due mesi di lockdown, fanno sapere alcuni partecipanti, sono stati rispettati i tempi di correzione, con tutti gli esiti a fine giugno. Altre città, invece, hanno dovuto attendere tempi più lunghi.
È questa una delle perplessità mosse dal rappresentante dell’Aipav. Intanto, l’associazione si è organizzata per una class action, il 15 novembre presenterà ricorso al Capo dello Stato. La vicenda ha avuto rilievo anche sul piano politico tanto da diventare un caso nazionale. Le Corti d’Appello più grandi hanno terminato le correzioni degli elaborati del 2020 solo pochi giorni fa. In pratica, c’è chi, come nel caso di Salerno, ha corretto in tempi brevi, nonostante il lockdown, e chi ha impiegato più tempo. Un modus operandi differente che ha ulteriormente esasperato gli animi dei candidati. Attualmente è stato presentato un disegno di legge per l’esame di abilitazione che semplifica la procedura, attraverso test a risposta multipla. La speranza da parte dei praticanti è che venga approvato in tempi brevi, anche se la richiesta iniziale era stata quella di una prova orale secca per l’abilitazione, un po’ come sta capitando per altri corsi di laurea. In effetti, si è chiesto che il titolo diventasse direttamente abilitante. Un punto, rispetto al quale, forte è stata l’opposizione dall’establishment. Il caso ha investito anche il ministro Bonafede che non si è presentato ad una specifica interrogazione parlamentare. Questi, invece, ha rinviato per motivi legati all’emergenza epidemiologica, il tutto alla primavera del 2021, ribadendo le stesse modalità di sempre. Aspetto contestato dai praticanti avvocati, poiché tre prove scritte, in presenza, diritto penale, diritto civile e gli atti, dovrebbero vederli in buona salute e senza una linea febbre. Basterà un solo giorno con temperatura superiore a 37 per saltare la prova. Ecco perché era stata chiesta la sola prova orale in via telematica. Insomma, uno scontro che molto probabilmente continuerà, non scevro di responsabilità da parte del dicastero e dello stesso governo.
Giuseppe Colamonaco