L’idea che l’amicizia tra popoli, Paesi, culture e individui sia in grado di stimolare iniziative di pace e costruire ponti tra le comunità
In funzione di tali ideali, il CNDDU segnala la lettera pervenutaci per essere divulgata da parte di uno studente diversamente abile dell’ITE “F. Carrara” di Lucca inerente al tema dell’amicizia, in cui viene affrontato e sviluppato proprio l’argomento in questione. “Le diverse sfaccettature dell’amicizia. L’amicizia è un sentimento indispensabile nella vita di un uomo, al pari di sentimenti come l’amore, sia esso inteso come genitoriale sia come relazione sentimentale; anzi, secondo me, quest’ultimo, se dovessi classificare, è addirittura un gradino al di sotto dell’amicizia, perché l’amore è un sentimento rinnovabile una volta finito è possibile ricostruire un rapporto di quel valore, non sempre, perché questo tipo di sentimento fa leva sull’istinto e sensazioni. L’amicizia è una relazione alla base della quale ci sono i rapporti umani come l’affetto, la stima reciproca ma con un approccio diverso, un approccio più leggero e spensierato. Con questo non voglio dire che sentimenti come l’amore siano pesanti, ma che questi rapporti specialmente quelli duraturi, con il passare del tempo sono corrosi dalla razionalità e se non sì riesce a trovare il giusto equilibrio, c’è il rischio che sì si rompono. Tuttavia se apparentemente questo sentimento di amicizia può sembrare leggero è facile da trovare, beh non è proprio così, per vari motivi. Questo sentimento si presenta nella vita di un individuo sin dall’infanzia, in una forma più blanda, chiaro, perché trova il giusto equilibrio con l’affetto e la razionalità genitoriale.
I primi effetti si vedono nell’adolescenza dove c’è la costante paura dell’emarginazione sociale, per non essere esclusi dal gruppo di amici si cerca l’omologazione e ci si assume il rischio inconsapevole di fare qualche sciocchezza per non essere attaccati dai ragazzi apparentemente più forti e temperati. Gioca un ruolo importante in queste fasi l’attenzione, la lucidità, la razionalità e l’affetto delle persone care per evitare ripercussioni future. Questi rimedi tuttavia non funzionano per tutti i casi, anzi per qualcuno possono diventare degli ulteriori ostacoli. Mi riferisco alle persone diversamente abili come me i quali però devono essere bravi ed assottigliare questa piccola grande differenza.
Prima di spiegare come ho vissuto e vivo io l’amicizia vi racconto brevemente chi sono.
Mi chiamo Khalid Dakir ho 19 anni, ho una malattia invalidante che richiede molto supporto, quindi non è sempre facile trovare persone estranee in grado di capire ed avere una predisposizione all’aiuto del prossimo, anche perché questo può significare sobbarcarsi una piccola parte dei problemi. Queste attenzioni, necessarie per la vita in società di un ragazzo con problemi, all’apparenza sembrano diminuire la distanza e la differenza che inevitabilmente è presente e quindi favorire l’integrazione ma in realtà questo meccanismo innescato solo su eventuali prestazioni di aiuto, è illusorio e controproducente per tutti. Generalmente questo accade nei contesti scolastici dov’è un ragazzo per non sentirsi emarginato e di troppo tende a costruire rapporti di amicizia temporale e ad accontentarsi per non rimanere solo. Così facendo aumenta solo la diversità. Tuttavia vi sono delle realtà dove tutto viene naturale senza bisogno di andare alla ricerca di niente. Un esempio positivo è il mio trascorso alle scuole superiori dove ho maturato nuove consapevolezze e con il grandissimo aiuto, anche a livello empatico di alcuni professori sono riuscito a far diventare la scuola una sorta di bolla protettiva, nella quale essere libero di mostrare i miei punti di forza e di debolezza per cercare un eventuale soluzione oltre che riuscire a rendere al meglio delle mie possibilità. Questa bolla gli ultimi tre anni è diventata magica, un qualcosa di immensamente Bello e Grande. Ho avuto la fortuna di vivere l’essenza dell’amicizia quella vera, che anche se tenti di ricostruire non ce la fai, perché sono meccanismi, che una volta innescati, sono difficili da replicare. Per me è stata una bellissima esperienza, che non mi aspettavo minimamente, infatti la cosa che meraviglia di più me e gli altri miei compagni è il modo in cui è nata e cresciuta questa grande amicizia. In modo assolutamente naturale. Senza incitamenti da parte di nessuno e senza costrizioni. Tutte le volte che ne ho possibilità dico a chi mi conosce che la nostra amicizia è pura, questa nostra purezza dipende secondo me da vari fattori: dalla maturità di ognuno di noi nel sapere, anche in maniera inconsapevole, in che mondo viviamo, dalla consapevolezza di ognuno dei propri mezzi, dalla solidarietà, cioè il mettersi in gioco l’uno per l’altro, e offrire il proprio contributo per cercare un eventuale soluzione, la compattezza ovvero cercare di stare uniti anche nei momenti di difficoltà, il piacere dello stare e del condividere momenti insieme (cosa più bella non ce n’è perché, fidatevi insieme si può fare tutto, peccato però che si capisce solo quando mancano determinate condizioni elementari e indispensabili…), tutto questo unito a un pizzico di sana follia, dà vita ad un meraviglioso mosaico.
In questo mosaico la mia malattia è solo un puntino che si unisce perfettamente agli altri senza doversi incastrare. Certo sarà pure un colore cupo ma è un colore che serve a dare tonalità maggiore agli altri.
Questa è stata la mia esperienza fatta di amici splendidi e professori altrettanto splendidi uniti tutti insieme contro tutto e tutti. Una volta uscito da questo meraviglioso mondo mi sono portato e mi porterò tutta quanta quest’esperienza ma soprattutto il ricordo, perché fin quando c’è il ricordo c’è vita e questa esperienza deve rimanere viva. Mi ha dato la forza per far girare una vita che non gira. Il nostro penso sia un grande messaggio di solidarietà per il mondo esterno, per tutti quelli che hanno poca fiducia in sé stessi e pensano di non farcela o di non essere capaci.
La vita è come una splendida donna che in alcuni casi non balla e quindi bisogna cercare di farla ballare, ma se non si è da soli è meglio perché l’unione fa la forza e ricordate anche, che la vera forza nasce dalle debolezze!” La lettera fa capire al personale della scuola tutto il valore, che questo periodo di sospensione della didattica, ha tolto ai ragazzi ed in particolare agli alunni con disabilità. Prof Ronny Donzelli
Prof.ssa Debora Cavarretta
Coordinamento Nazionale
Docenti della Disciplina Diritti Umani