Pagani, si allarga il fronte dei dissidenti. Torre: non si faccia uso strumentale nome di mio padre

Cambia l’assetto in consiglio comunale. La figlia di Marcello Torre chiede rispetto per le vittime di mafia.

Un nuovo gruppo consiliare potrebbe esordire prossimamente in aula. Il fronte dei consiglieri dissidenti, in seno alla maggioranza, sta facendo proseliti. Pietro Sessa, Mariella Micucci, Giosi Tortora e Gianluca D’Antuono, sono i nomi che circolano dei consiglieri dissidenti, pronti a formare un gruppo indipendente in seno alla maggioranza.

Gennaro Contaldi, Gherardo Marenghi, Maria Grazia Cafisi, Renato Cascone, Luisa Paolillo e Christian Elettore, i nomi degli assessori della nuova giunta Sessa. Il sindaco facente funzioni, con decreto sindacale, ha inoltre nominato, attraverso una convenzione, Emilio Bonaduce, quale professionista consulente dell’esecutivo.

Dalle questioni amministrative locali, prende però le distanze Annamaria Torre, in particolare sull’uso strumentale del nome del papà Marcello: “Ancora una volta, con amarezza e sofferenza, ho dovuto constatare che il nome di mio padre viene strumentalmente utilizzato da qualcuno, non so bene perché ma di certo in contesti e circostanze che con il sacrificio di mio padre non hanno nulla a che vedere. Non mi interessa entrare nel merito delle questioni che riguardano l’Amministrazione comunale di Pagani. Ciò che mi interessa e per cui mi batterò è che della memoria di Marcello Torre, così come di quella di tutte le vittime innocenti delle mafie, non si faccia un uso strumentale. Ecco perché trovo inconcepibile richiamare il sogno che mio padre nutriva nei confronti della sua città, e per il quale ha dato la vita, per difendere scelte politiche e amministrative che nulla hanno a che vedere con quella storia. Ho lasciato cadere le polemiche e gli attacchi violenti sferrati all’indirizzo del Premio Marcello Torre anche in sedi istituzionali. L’ho fatto proprio per evitare che la memoria di mio padre diventasse terreno di scontro. Ma credo che alcuni limiti non vadano superati. Sento di doverlo a me stessa, alla mia famiglia e soprattutto a papà. Sento di doverlo a quel sogno di una città che aspetta ancora di diventare civile e libera”.

Giuseppe Colamonaco

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