Domenico Rea cacciato dal liceo Vico : all’allora giovane scrittore fu impedito, intorno agli anni ’50, di tenere una conferenza sul libro edito nel 1947 “Spaccanapoli” perché non iscritto presso quell’istituto. « Nacqui che il mondo era antico » è una frase estrapolata dalla raccolta di poesie “L’altra faccia” che meglio permette di percepire la rabbia e l’incredulità del talentuoso nocerino vittima -suo malgrado- di un increscioso incidente capitatogli agli inizi della carriera. La vicenda, inizialmente conosciuta come semplice leggenda, è stata in seguito confermata studiosi, articoli pubblicati su vecchi numeri del “Risorgimento Nocerino” (direttore Vittorio Caso) ed appassionati di storia , come il geologo Giulio Caso. Stando al racconto di quest’ultimo, infatti, un gruppo di docenti del liceo Gian Battista Vico si interessò all’opera di Domenico Rea (che ne segnò l’esordio e ne rilevò le doti di “scrittore incatalogabile” che descriveva un mondo – quello della plebe- in maniera completamente diversa dagli standard di allora) e gli chiese di tenere una conferenza presso l’aula magna della struttura. Ma alla scoperta che l’autore non aveva avuto un percorso di studi classico fu annullato tutto. “Il giorno prima della conferenza” racconta Caso “il preside o un docente di “potere” del Liceo apprese che Rea aveva frequentato l’istituto tecnico. Ci furono molte ipotesi sul possibile scandalo che sarebbe derivato dal fatto che un diplomato tecnico andasse ad impartire “lezioni” nel centro della cultura nocerino. Per “rimediare” , dunque, si decise di chiamare il bidello “storico” del liceo (una leggenda metropolitana dice che fu il preside stesso ad incaricarlo ed è possibile che sia così) e fargli fare il lavoro sporco: chiudere le porte in faccia a Rea.” E fu così che andarono le cose, effettivamente. La mattina della conferenza lo scrittore si recò dal suo amico Giovanni Stanzione, proprietario di un’edicola ubicata al Corso per farsi accompagnare: percorsero la strada che li avrebbe condotti a destinazione insieme, attraversando le due piazze e si fermarono per un caffè al Bar Vico. Nel frattempo, approfittando di questo contrattempo, il bidello chiuse il portone . Dopo il caffè, Giovanni e Domenico bussarono insistentemente alle porte del Liceo ma non ottennero risposta e furono costretti ad andarsene, commentando il fatto. “Non ci furono scuse, né ufficiali né private, e la “cultura provinciale” fu salva. Poi qualcuno si lamentò che Domenico si riferiva a Nocera con l’acronimo “Nofi”. Ma il successo ottenuto in seguito gli ha dato ragione: si devono superare questi pregiudizi -purtroppo ancora attuali- e queste catalogazioni sociali in base agli studi fatti.”
Enrica Granato