I contrabbandieri scafatesi e i tre portuali salernitani al servizio del clan Batti per portare fuori la droga dal porto di Salerno.
E’ questo uno dei particolari investigativi della complessa indagine dei carabinieri di Torre Annunziata e della Guardia di finanza di Salerno che ieri ha portato all’arresto di 11 persone, indagate a vario titolo per a vario titolo per associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di arma da fuoco, estorsione e violenza privata, aggravata dal metodo mafioso e dello scopo di favorire il clan Batti, operante tra Terzigno e San Giuseppe Vesuviano. Ad essere arrestati i fratelli Batti, soprannominati i “milanesi”, il 35enne capoclan Alfredo, il 42enne Luigi e il 32enne Alan Cristian, figli di Salvatore, boss della Nco tra Terzigno e San Giuseppe Vesuviano, ucciso nel 1990 in un agguato camorristico. Con loro il 47enne Gaetano Buono di Boscoreale, il 53enne Giovanni Chirico e il 48enne Vincenzo Guastafierro di Terzigno, il 56enne Gennaro Izzo di Scafati, il 26ienne Cristian Sorrentino di Poggiomarino, il 33enne Nunzio Mario Fabbrocini di Castellammare di Stabia, il 34enne Ferdinando Campanile e il Salvatore Ambrosio di San Giuseppe Vesuviano. Tra le persone perquisite ieri mattina anche due ex portuali salernitani finiti nell’inchiesta, mentre altri due solo indagati assieme ad altrettanti residenti in provincia di Salerno (uno di Scafati ed uno di Baronissi).
La ricostruzione. Il clan Batti, come racconta la Città in più articoli di Salvatore De Napoli, tra il dicembre 2014 e il gennaio 2015 ebbe bisogno di un aggancio al porto di Salerno per far uscire un carico di cocaina da 40 chili, pari a 1,2 milioni di euro di valore, che viaggiava nel vano motore di un container frigo che trasportava banane dall’Ecuador, e si rivolsero a Guastafierro che conosceva Izzo, contrabbandiere di sigarette di Scafati per trovarlo. Izzo trovò tre salernitani, in particolare due che, però, non riuscirono a far uscire la droga ma solo le banane che trasportava il container. La cocaina fu sequestrata ad Rotterdam, dalla polizia olandese su informazione del Goa della Guardia di Finanza di Salerno. Il boss Alfredo Batti andò su tutte e furie e pretese dallo scafatese Izzo il risarcimento del carico perso, mentre diede ordine di uccidere i due portuali salernitani che assieme ad Izzo avevano intascato anticipatamente alcune decine di migliaia di euro per l’operazione. Izzo fu pestato più volte, pesantemente minacciato lui e un suo familiare, spararono contro la sua auto anche alcuni colpi di pistola fino a quando non si accordò per vendere la casa, dando 240mila euro ai Batti, come anticipo sul risarcimento del patito danno dalla perdita del carico di droga, più alcune rate mensili da migliaia di euro. Per pagare il debito con il clan, lo scafatese, continuò nel contrabbando di sigarette e in più si interessò dell’arrivo di 40 chili di marijuana dalla Spagna ma bloccati in provincia di Padova dai finanzieri del Goa di Salerno. Intanto, l’accordo con Izzo e la pressione delle indagini dei finanzieri salvarono la vita ai due salernitani che per lungo tempo furono costretti a nascondersi. Ieri i finanzieri e i carabinieri sono riusciti ad arrestare gli 11 e a sequestrare 10 milioni di beni tra le provincie di Salerno, Napoli e Roma, e a Montesarchio in provincia di Benevento. Sotto sigilli terreni, vigneti, cinque società (una di facchinaggio tre di rivendita auto e una cartoleria), rapporti finanziari, auto e moto. Per i Batti un danno notevole anche se, quando i carabinieri trovarono seppelliti in una cantina una busta con 450mila euro, il capoclan disse che aveva perso solo pochi spiccioli.
Redazione