VIDEO – I “Teresa quartet” in Le parole di Teresa

“Teresa è l’orizzonte, una sorta di sogno, di limite, un’utopia: la madre di Napoli che a sua volta è figlia della cultura napoletana, come direbbe Dante ‘Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura’ ”

TORRE DEL GRECO. Così spiega Francesco Esposito, attore, con Luca Grassano, dello spettacolo che è andato in scena dal 26 al 28 gennaio al Magma Teatro Club, uno spazio raccolto e intimo, con cinquanta posti, in perfetto stile di teatro “off”; è scavato nella pietra lavica, sul mare di Torre del Greco e diretto da Donatella Faraone Mennella e Libero de Martino.

“La Napoli che ci circonda è diversa da quella dell’Ottocento e del Novecento: il motivo conduttore dello spettacolo è scoprire della città odierna ciò che è rimasto di quella del passato, servendosi della destrutturazione, processo tipico del linguaggio moderno. Canzoni del panorama classico, anche popolare pomiglianese, vengono attualizzate, ad esempio ‘Scalinatella’, classicamente cantata da Murolo con la chitarra, diventa pezzo rock.” Dunque, la performance musico- teatrale (della durata di 70 minuti) mette in scena storie in musica insieme a ‘Racconti a voce’ di matrice popolare e alle ‘Parole’ di autori contemporanei. Ad esempio, il brano “Leuconoe”(Ammendola-Balzano) è un adattamento in napoletano di vari testi di Orazio. Le parole di Esposito si addentrano ora nel tema “Teresa”:- “Il discorso è analogo per i testi teatrali.”- continua– “Ci ispiriamo alle operazioni di Moscato o Ruccello: si prende il racconto d’epoca (‘o cunto) e lo si dispiega sotto un’atmosfera contemporanea; una favola antica viene riscritta in maniera più colloquiale, come se a raccontare non ci fosse la mamma della cultura dell’ ‘800 ma una donna di oggi. Si crea così, dal punto di vista teatrale e musicale, uno iato tra il testo e la musica, il testo e il contesto, il testo e il sottotesto, per plasmare qualcosa che vada oltre l’anacronismo di modernità e arcaicità messi insieme, tale da risultare moderno. Si tratta di ricostituire la memoria collettiva perduta attraverso gli occhi disincantati della modernità, attraverso la figura della Madre e della Donna che racconta: da qui quell’ entità non definibile a cui, però, diamo un nome, appunto Teresa”.

Il “Teresa quartet” nasce alle pendici del Vesuvio, circa venti anni fa, dal desiderio di un’attrice e tre musicisti di dare un’interpretazione essenziale alle ‘storie narrate’ dalla canzone classica napoletana ed ai canti popolari campani. Infatti, i testi portati in scena sono tratti dall’antologia in due volumi di tutti i racconti e le fiabe degli antichi di Roberto De Simone, che da etnoantropologo ha studiato i canti popolari della tradizione campana; di Giovanni Sgammato, la cui attenzione si è concentrata sul territorio pomiglianese, tra i vari racconti scelti c’è “Zi’ vicchiarella”.

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