D’Ambrosio: “Siamo ricorsi all’Alpi per garantire i turni di servizio dei singoli reparti”

Il quotidiano “La Città” svela le attività dei medici degli ospedali di Nocera e Pagani, riguardo alle Alpi.”

NOCERA/PAGANI. «Ho firmato quelle determine ma sugli allegati non c’è la mia firma». Si complica la vicenda Alpi, l’attività libero professionale dei medici svolta all’ospedale di Nocera Inferiore e di quello di Pagani. A parlare è il direttore sanitario del Dea Nocera Pagani in servizio fino allo scorso anno è in carico durante il 2012 e il 2013, quando si riferiscono gli accertamenti dell’Asl e della Corte dei Conti che ha messo in mora i sanitari chiedendo la restituzione di quanto percepito da 195 tra medici e amministrativi delle due strutture sanitarie dell’Agro, liquidate con alcune determine. Maurizio D’Ambrosio sottolinea da subito il contesto storico di quegli anni. Nel 2012 e il 2013 «c’era una notevole carenza di personale medico a cui era difficile far fronte -ricorda D’Ambrosio-. Siamo ricorsi all’Alpi per garantire i turni di servizio dei singoli reparti quali pronto soccorso, neonatologia e radiologia e di quelli di sala operatoria per gli anestesisti». Il direttore sanitario dell’epoca specifica però: «Ho firmato le determine sulla base delle rassicurazioni e delle verifiche svolte dal responsabile del personale dell’epoca. In generale ero consapevole delle grosse esigenze di personale e posso dire che quei numeri di prestazioni erano compatibili con le carenze di organico. Una volta firmate le determine da me, successivamente è scattato un controllo da parte mia, degli uffici dell’Asl e del nuovo responsabile amministrativo che hanno sollevato diverse presunte irregolarità, tra le quali problemi di mancata timbratura del badge. In più, alle determine erano allegati prospetti riepilogativi su compensi e dipendenti che non avevano in calce la mia firma: se ci fossero stati all’atto della mia firma della determina li avrei comunque almeno siglati».

In sintesi come si è svolta la vicenda?

Riepilogando D’Ambrosio sostiene che in generale il gran numero di ore sostenute per l’Alpi è plausibile con le necessità dell’organico dell’epoca, ma di non poter certificare le quantità svolte in totale per ogni singolo sanitario né all’epoca ha firmato i quadri riassuntivi che non gli sarebbero stati mostrati; in più ad una verifica ulteriore mancavano altri documenti giustificativi per alcuni medici. A questo punto, va detto che si trova di fronte al solito dilemma: è meglio sperare che tutto sia regolare o meno? Se c’è qualcuno che non ha svolto realmente tutte quelle ore di lavoro aggiuntivo per il quale è stato pagato si tratta di un grave caso di truffa. Sbalorditivo, invece, sarebbe pensare che medici siamo stati in servizio per ore e ore, anche in sala operatoria, nonostante il tipo di lavoro stressante e dall’alta attenzione da garantire. L’esempio è quello degli anestesisti che sarebbero stati in ospedale praticamente la maggior parte della loro vita. «E’ vero -confessa D’Ambrosio- all’epoca si è forzata la mano per i turni anche perché non esisteva la legge che obbligava a determinate ore di riposo tra un turno e l’altro ma se non avessimo fatto così molti riparti non potevano funzionare e non si potevano garantire tante sedute operatorie».

Salvatore De Napoli – La Città di Salerno

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