«Non doveva mai uscire dal carcere. Ha preso in giro il nostro dolore»

E la sorella della vittima: «Voglio incontrare Antonio Pignataro e deve dirmi la verità guardandomi negli occhi. Mi deve dire tutto».  L’amarezza di Simonetta Serena Lamberti, sorella di Simonetta, uccisa da “Zi’ Antonio”.

«Ha preso in giro in nostro dolore, è tornato lì da dove non doveva mai uscire». E’ fortemente provata Simonetta Serena Lamberti, la sorella di Simonetta, la bimba di 11 anni, uccisa in un agguato di camorra nel 1982. La piccola figlia dell’allora procuratore di Sala Consilina fu uccisa da un commando del quale fece parte anche Pignataro, condannato a 30 anni, il pregiudicato nocerino è andato agli arresti domiciliari per problemi di salute.

«Sono due anni, da quando diedero i domiciliari ad Antonio Pignataro che mi domando perché? A Totò Riina sono state giustamente negati a lui noricorda Simonetta Serena-. Oggi è tornato dove doveva stare e da dove non doveva uscire».

Si sente ferita dalle nuove malefatte di Pignataro?
«Quello che fa male è che ha preso in giro il nostro dolore, ha sfruttato questo finto pentimento per avere i suoi vantaggi. Gli sono stati concessi i domiciliari e lui ha avuto una seconda possibilità, quella che io non avrò mai, perchè io non avrò mai la possibilità di stare con mia sorella. Pignataro ha avuto la possibilità di stare con la famiglia e di mettere in pratica quello che ci diceva a voce, che era pentito, che voleva dire ai giovani di non sbagliare. L’ha avuta questa possibilità e l’ha persa perché è tornato a fare quello che faceva…».

L’ha buttata più che persa…
«L’ ha buttata. Secondo me a questo punto devo pensare che non gliene è mai fregato niente. Tutte parole finte perché è tornato a fare quello… perché non cambiano, non cambiano mai. Non c’è nulla da fare. Però la cosa brutta é sentirsi presi in giro. Tu porgi l’altra guancia, vuoi dare il beneficio del dubbio per una cosa che già fa un male che ovviamente è insopportabile e poi dopo un po’ ti ritrovi che avevi ragione. Purtroppo avevo ragione. Perché alla fine questo da casa sua faceva quello che voleva».

Si sente presa in giro…
«Me lo ricordo come se fosse ieri. E’ un momento che non dimenticherò mai nella vita. Lui che chiese di parlare con noi di fronte a me, faccia a faccia. “Perdono, perdono, perdono. Mi dispiace per tutto”, solo questo riusciva a dire. E poi guarda qua il perdono e tutto il pentimento che fine hanno fatto. Mi fa rabbia perché gli sono stati concessi i domiciliari. Tanta rabbia. Perché alla fine lui ora è sì di nuovo dentro, dove deve stare e spero che non esca di nuovo. Però è lì solo perché ha sbagliato di nuovo, gettando via quella seconda possibilità concessagli».

Pignataro cercava di riprendere l’antico potere criminale…
«Diceva nella lettera che mi consegnò in tribunale di voler dire ai giovani di non sbagliare perché lui si era rovinato la vita a causa della camorra. invece nulla di quello che scriveva era vero, e ha ricominciato a fare ciò che ha sempre fatto. mi sconvolge che abbia anche preso tutto questo potere in due anni».

Sembra che lei creda al falso pentimento di Pignataro ma potrebbe essere anche uno escamotage l’essersi accusato dell’omicidio?
«Non lo so. Già così ci sono tanti dubbi… Ho chiesto di incontrarlo quando ci fu già il primo grado perché il Gup nelle motivazioni della sentenza scriveva esattamente quello che anche io ho sempre sostenuto. Troppo lacunosa quella ricostruzione dell’omicidio, troppo facile fare i nomi di tre morti, mancano parti fondamentali e lui non vuole dire tutto. Io lo volevo incontrare per guardarlo negli occhi e chiedergli disperatamente la verità. Non una verità comoda o parziale o altre stupidaggini. Poi ho desistito perché Pignataro ha fatto appello, e ricorso in Cassazione quindi comunque ho preferito aspettare la fine dell’iter processuale. adesso però più di prima voglio incontrarlo. Voglio vederlo in faccia. Mi deve guardare negli occhi. Non a terra come faceva quando ha chiesto perdono, perché non riusciva a guardarmi negli occhi. Mi deve dire veramente tutto. Nel senso che se è vero tutto quello che lui ha detto deve parlarmi guardandomi negli occhi. Almeno questo credo di meritarlo. Me lo deve. Perché dopo 35 anni, pensavo di aver messo la parola fine a una tragedia che mi ha devastato, segnando per sempre la mia vita e invece non finisce mai…»

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«Da quel 29 maggio del 1982 la vita è mutata»
Angela Procaccini, madre di Simonetta Lamberti, non commenta le nuove “imprese” di Pignataro.

NAPOLI – Un dolore che prescide dal destino di Antonio Pignataro che, nonostante abbia ucciso una bambina, non riesce a modificare la propria vita. Intanto, quell’assassinio ha cambiato la vita adi un’intera famiglia, quella di Simonetta Lamberti. La mamma della bimba, la docente Angela Procaccini, non commenta nello specifico le ultime imprese dell’assassinio di sua figlia ma scrive:
«So che il mio atteggiamento nei confronti di questa situazione è sbagliato. Almeno a livello sociale e legale. Ma da quel maledetto 29 maggio del 1982 la vita, per noi, è inevitabilmente, inesorabilmente, mutata. Allora, cosa potrebbe rappresentare tutto questo fragore giuridico e investigativo, se nella mia famiglia c’è stata la diaspora, la difficoltà di sopravvivenza, la situazione complicata del padre di Simonetta, di Serena, di Stefano. Se il mio primo figlio è stato privato del calore della famiglia? Ho cercato di resistere e combattere con tutte le mie forze. Per i figli, per il loro futuro. E ringrazio Dio per avermi dato la resilienza per continuare a credere in qualcosa. Tutto il resto non mi appartiene. Appartiene alla coscienza individuale di chi uccide una bimba e non riesce a modificare il suo modo di vivere e di operare».

Le Cronache

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