I dati emergono da uno studio del gruppo di ricercatori con il professor Stefano Albanese e pubblicati sulla rivista scientifica Environ Geochem Healt.
La valle del Sarno peggio della Terra dei Fuochi. È quanto emerge dalle ultime pubblicazioni scientifiche in materia di geochimica sul suolo e sulla popolazione residente nell’area del fiume più inquinato d’Europa. Nessun dato è stato mai analizzato e spiegato alla popolazione dall’intera comunità scientifica e dagli Enti preposti come Arpac e Asl. Ci sono invece ricerche, come quella del professor Stefano Albanese, che dimostrano come alcuni metalli pesanti siano presenti non solo nel suolo, e su frutta e verdura coltivati nella zona, ma addirittura sul cuoio capelluto. A preoccupare i ricercatori della Federico II sono la presenza di metalli pesanti in concentrazione molto elevate, non solo sulle coltivazioni della Valle dell’Irno e dell’Agro nocerino sarnese, ma anche nell’acque della Solofrana e dunque all’interno del bacino del fiume Sarno. I ricercatori hanno svolto un’indagine prima sui vegetali e poi sui capelli umani prelevati presso selezionati negozi di parrucchieri presenti nei diversi comuni del bacino del Sarno. Analizzati i sedimenti, i risultati evidenziano chee cromo, rame, piombo, mercurio e zinco sono presenti in elevata concentrazione in alcune zone del territorio a nord della provincia di Salerno come Pagani, San Marzano e San Valentino, e i comuni irpini di Montoro e Solofra. «C’è una corrispondenza sui picchi di concentrazione di cromo nei capelli e nei prodotti agricoli, ed altre concentrazioni di cromo che sono presenti nei sedimenti prelevati dai suoli – evidenzia il professor Albanese – si potrebbe spiegare dalla presenza di attività industriali nel bacino del Sarno come le industrie conciarie, piuttosto che conserviere e l’industria farmaceutica. Per il professor Albanese «la terra dei fuochi non è una emergenza così importante tanto quante quella del fiume Sarno». Negli ultimi tempi abbiamo assistito a diverse pubblicazioni di video che mostrano sversamenti di acque reflue all’interno del bacino della Solofrana, collettori bloccati a Nocera, ma anche numerosi sversamenti illegali in controfossi che si immettono nel Sarno nei comuni di San Valentino e San Marzano, e lo stesso Sarno che passando nel pieno centro di una importante e popolosa città come Scafati porta con se violenti odori nauseabondi.
Raimondo Aufiero – Le Cronache
Aree compromesse dallo sfruttamento prolungato e dall’ignoranza
Ecco le conclusioni dello studio del professor Stefano Albanese, docente di geochimica all’Università di Napoli. Scrivno i ricercatori su Environ Geochem Health: «L’area di studio potrebbe essere divisa in due unità “status ambientali”: una, bassa contaminazione, corrispondente alle aree collinari e montana. Bassa pressione antropica e la presenza di prati e boschi e la seconda, da moderatamente a molto alta Contaminati, corrispondenti alle aree economicamente sviluppate e densamente popolate della pianura del fiume Sarno e della valle del fiume Solofrana. Lo stato ambientale di queste ultime aree è stato estremamente compromesso da uno sfruttamento prolungato delle loro caratteristiche territoriali e da una generale ignoranza per la protezione dei loro ecosistemi. In particolare, l’agricoltura e le industrie di canneria nel fiume Sarno e le concerie nella valle del fiume Solofrana, scaricando le acque reflue nei principali corpi idrici del bacino, hanno determinato un forte peggioramento della qualità delle acque e dei sedimenti. In particolare, cromo dalle finiture e rame dall’agricoltura sono gli elementi che hanno un impatto importante sulla geochimica del sedimento fluviale».