Truffa allo Stato e induzione, indagato un ginecologo nocerino

Il professionista nocerino Franco Petrone, da due mesi in pensione dall’ospedale Umberto I, avrebbe effettuato visite mediche nel suo studio privato quando era un medico del reparto di ginecologia. Si indaga anche su parcelle pagate per poi trovare un posto in ospedale ed abortire.

NOCERA INFERIORE. Aborti illegali, pillole per procurare l’aborto farmacologico, medicinali ospedalieri nel suo studio privato nonostante fosse dipendente dell’ospedale cittadino e, per alcune settimane, anche primario facente funzioni del reparto di Ginecologia e ostetricia, esercizio in locali pare non autorizzati, vicende poco chiare sull’assistenza di una paziente, visite pagate anche 250 euro e non dichiarate al fisco, truffa ai danni dello stato e induzione a farsi pagare parcelle per trovare un posto per abortire all’“Umberto I”’.

Per far chiarezza su queste vicende, ieri mattina, è stata eseguita una perquisizione nello studio medico privato del 70enne ginecologo nocerino Franco Petrone.

Il noto professionista, è bene precisare, è indagato al momento solo ed esclusivamente per truffa legata alla doppia attività (pubblica in ospedale e privata) e induzione a farsi pagare parcelle per trovare un posto nella struttura sanitaria e non per la violazione della normativa sull’aborto, ma l’inchiesta è all’inizio e sono molti gli elementi da chiarire.

L’indagine è della procura di Nocera, diretta dal procuratore Amedeo Sessa, e condotta dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria, retta dal luogotenente Massimo Santaniello, con l’ausilio dei Nas del maggiore Vincenzo Ferrara.

I militari, ieri, hanno perquisito non solo lo studio di via Matteotti ma anche l’abitazione del medico e la stanza che occupava in ospedale dove, nonostante fosse andato in pensione da settembre scorso, c’era ancora l’armadietto del professionista. Ritrovati in un barattolo nello studio medico di via Matteotti una serie di pillole di Cytotec, un gastroprotettore che non va somministrato alle donne in gravidanza perché può provocare l’aborto e quindi utilizzato, come è risaputo da anni, proprio per far abortire.

All’interno dello studio sono stati trovati anche medicinali di esclusivo uso ospedaliero che il medico, in teoria, non avrebbe dovuto avere in ambiente privato, pare anche nella sua abitazione.

I carabinieri hanno portato via scatoloni di documenti, le schede delle pazienti, e di medicinali.

L’indagine è partita da una lettera anonima che ha attivato gli inquirenti. I carabinieri avrebbero fermato, poi, identificato delle pazienti all’uscita dallo studio.

Al di là dell’ipotesi di truffa per la doppia attività e per l’induzione a pagare parcelle per trovare posto in ospedale per abortire ci sarebbe anche altri elementi da chiarire. L’uso del Cytrotec fatto somministrare alle pazienti , e se questi rientravano nella tipologia di donne che legalmente potevano abortire, le quali venivano gestite con accessi in ospedale, compresi esami clinici pagati dalla sanità pubblica.

Dubbi che al momento non si sono concretizzati in ipotesi investigative ma che potrebbero, però, essere all’orizzonte.

Le indagini continuano per ricostruire una vicenda complessa.

Le Cronache
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