Ci sono sei vulcani a largo della costa vesuviana

ERCOLANO. Sei nuovi vulcani sono stati scoperti al largo della costa di Napoli,nella fascia di mare che va da Ercolano a Torre Annunziata. La scoperta, pubblicata sul Geophysical Research Letters, è stata effettuata da un team di ricercatori appartenenti a diversi istituti: l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv); il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse (Distar) dell’Università di Napoli “Federico II”; l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (Iamc) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche(Cnr).

Oltre al Vesuvio, al Marsili, all’isola d’Ischia e ai Campi Flegrei, quindi, ulteriori bocche vulcaniche da
oggi dovranno essere aggiunte alla lista. Lo studio ha individuato sei nuove strutture vulcaniche fino ad oggi sconosciute, con un diametro di 800 metri, e che presentano colate laviche risalenti al Medioevo. La scoperta è stata effettuata nell’ambito dell’operazione di esplorazione del Golfo di Napoli denominata “Safe 2014“, condotta dai ricercatori a bordo della nave oceanografica “Urania” del Cnr e volta a monitorare la situazione dei fenomeni vulcanici sottomarini che potrebbero interessare la costa. «Le ricerche hanno consentito di stabilire che tre delle strutture vulcaniche sottomarine (V1-V2-V3) si sono formate prima di 19 mila anni fa, quindi in epoca preistorica – è stato svelato ieri mattina al Corriere del Mezzogiorno – Mentre per il vulcano V5, il più vicino alla costa di Torre Annunziata, la cui parte superiore è ad appena cinque metri sotto il fondale marino, gli scienziati sono convinti che abbia un’età geologica decisamente più giovane.

Infine, il V6, quello che sorge davanti al litorale di Ercolano tra 50 e 100 metri di profondità, avrebbe eruttato in età molto più vicine a noi, cioè dopo il 1631 d.C.».
Oltre ai vulcani, lo studio si è concentrato su delle strutture dette “cryptodomes”, cioè delle cupole sommerse di lava che è rimasta imprigionata e che sono state scoperte nel 2012 e in cui sono state rilevate delle anomalie magnetiche. Solo otto mesi fa, il 19 gennaio 2016, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri che approva ufficialmente la nuova zona gialla, cioè l’area esterna alla zona rossa esposta alla significativa ricaduta di cenere vulcanica e di materiali piroclastici, già approvata il 9 febbraio 2015 con delibera della Regione Campania.

Adesso, con questa nuova scoperta, la necessità di un piano di evacuazione si fa sentire sempre più insistentemente. Uno dei vulcani, in particolare, presenterebbe una struttura più debole. Perciò gli studiosi concludono con una sorta di monito ai responsabili della pubblica incolumità: «Il rischio correlato a possibili, future attività sottomarine, dovrebbe essere incluso nei programmi di valutazione del rischio», conclude l’intervista al CorMez. Mentre, dal momento che è stata accertata la presenza di colate laviche vesuviane che nel Medioevo hanno raggiunto il mare, «anche questo rischio dovrebbe essere presto in considerazione per una corretta pianificazione degli scenari eruttivi attesi».

Luca Marino – Le Cronache
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