Avvocati nei guai per immigrazione illegale, coinvolti due salernitani

Questa notte, personale della Polizia di Stato appartenente alle Squadre Mobili di Salerno, Cuneo, Bergamo e Brescia, ha eseguito le ordinanze di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emesse nei confronti di undici persone, tra le quali uno nato in Provincia di Salerno ed un altro ivi residente, gravemente indiziate di aver commesso il delitto di associazione a delinquere finalizzata a procurare illegalmente, mediante la stipulazione di contratti di lavoro ideologicamente falsi, l’ingresso e/o la permanenza di stranieri nel territorio Italiano.
Il GIP del Tribunale di BRESCIA, sulla scorta della lunga e laboriosa attività investigativa condotta dalla Polizia di Stato, ha emesso le suddette ordinanze nei confronti di:
1. M. G., trentacinquenne, nato in provincia di SALERNO, residente in BERGAMO,
2. M. R., sessantenne, residente in provincia di SALERNO;
3. C. L., trentaseienne, residente in BERGAMO;
4. D. O., nato in SENEGAL ,quarantacinquenne, residente in provincia di Bergamo;
5. K. T. A., nata in ERITREA nel 1958, residente in provincia di Bergamo;
6. N. C. A., nato in GUINEA nel 1978, residente a BERGAMO;
7. S. D., nato in INDIA nel 1985, residente in provincia di BERGAMO;
8. K. B., nato in KOSOVO nel 1981, residente in provincia di BRESCIA;
9. S. S., nato in INDIA nel 1984, residente in provincia di BERGAMO;
10. M. R., nato in PAKISTAN nel 1976, residente in provincia di BERGAMO;
11. A. D., nato in provincia di BERGAMO nel 1977, ivi residente.
La complessa attività di indagine, coordinata dai Pubblici Ministeri dr. GAVERINI della Procura di BERGAMO e dr. RAIMONDI della Direzione Distrettuale Antimafia di BRESCIA, è stata condotta, principalmente, attraverso l’utilizzo dei servizi di intercettazione telefonica e grazie alle dichiarazioni che gli investigatori della Squadra Mobile di Cuneo hanno via via raccolto da vari cittadini extracomunitari in ordine all’ottenimento del permesso di soggiorno.
Le risultanze investigative hanno permesso di far emergere, in particolare, le figure di M.R. e di M.G., padre e figlio, italiani, il primo avvocato residente in Provincia di Salerno, il secondo praticante, nato in provincia di Salerno ed attualmente residente a Bergamo, che sono da considerare come i capi dell’organizzazione criminale.
I due, infatti, anche per mezzo di un’agenzia di consulenza per stranieri gestita dal figlio, coordinavano l’attività di altri indagati – appartenenti alle comunità di origine africana, indiana, kosovara e pakistana – che, a loro volta, si presentavano come “rappresentanti” di connazionali desiderosi di ottenere i permessi di soggiorno.
Gli stessi seguivano personalmente l’iter burocratico necessario per l’ottenimento dei nulla osta all’ingresso in Italia, per le istanze di emersione dal lavoro sommerso e per il rinnovo del permesso di soggiorno preoccupandosi, inoltre, di procurare i contratti di lavoro simulati.
Padre e figlio non esitavano a dare precise indicazioni agli stranieri anche fornendo consigli sull’atteggiamento da tenere di fronte alle domande dei poliziotti.
In una conversazione, uno straniero, convocato dagli investigatori, dice al padre che non riferirà alla Polizia di aver comprato il contratto da lui ma che dirà di essere stato aiutato a trovare lavoro da un italiano; l’avvocato, allarmato da questa “confessione”, cerca di prendere le distanze dall’interlocutore ma questi, a dir poco ingenuo, continua la telefonata ribadendo che non dirà che lui gli ha venduto il contratto di lavoro.
Parimenti importanti sono da considerarsi altri due soggetti, C.L. e A.D.: il primo, persona di fiducia dei capi dell’organizzazione, riscuoteva il denaro versato dai cittadini stranieri; il secondo, nella sua veste di amministratore di alcune società, forniva i falsi contratti di lavoro e le buste paga in cui erano inseriti compensi mai versati ai lavoratori assunti.
L’attività investigativa è stata resa più agevole dalla collaborazione degli uffici dell’INPS grazie a cui si è capito come le società che assumevano i lavoratori stranieri non versavano, poi, i relativi contributi previdenziali e assistenziali: in alcuni casi, le assunzioni erano finalizzate esclusivamente ad ottenere vari benefici, quali sussidi di disoccupazione, maternità, accesso a fondi regionali.
L’indagine che oggi viene conclusa ha portato alla luce l’attività criminale di un’organizzazione ben strutturata, composta da soggetti di varia nazionalità, estrazione sociale e in possesso di varie competenze professionali: questa organizzazione ha saputo sfruttare senza scrupoli il desiderio di molti di loro di avere una vita regolare in Italia.

loading ads