La risposta della Sorveglianza: non luogo a provvedere a causa del decesso di Castagno

La conferenza stampa sul caso del detenuto morto a 37 anni, mentre era in carcere

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Lorenzo Castagno, fratello del 37enne Renato, e l’avvocato del detenuto deceduto, Bianca De Concilio dietro una scrivania, pronto a ricordare la loro verità. Lorenza Castagno: «L’ultima volta che l’ho visto mi ha detto che da Fuorni non sarebbe uscito vivo. Aveva paura di morire». Pur essendo emotivamente provato Lorenzo Castagno ricorda quanto accaduto al fratello Renato prima di quel 19 marzo quando è deceduto.

Con l’avvocato De Concilio chiedono verità e giustizia, in attesa dell’esito dell’inchiesta della procura, al momento contro ignoti per omicidio colposo. e nelle prossime ore si attendo l’incarico per l’autopsia per accertare se ci siano responsabilità su errori e carenze nell’assistenza sanitaria ricevuta in carcere da Castagno.
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“PADRE PIO”
Nelle carceri meridionali le chiamano “Padre Pio”, ossia le compresse di ibuprofene, noto e potente antiinfiammatorio, usato per curare qualsiasi malanno dei detenuti. In carcere a Renato Castagno sono state fatte assumere diverse pillole-Padre Pio che certo non ha un effetto positivo in una persona affetto già due ictus e iperteso e di cardiopatia ipertensiva. Malattie già note alla giustizia fino da quando nel settembre 2021, Renato Castagno fu arrestato:
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LE PAROLE DELL’AVVOCATO
«Dopo il suo arresto, Renato fu condotto in carcere a Poggioreale. Ho subito segnalato i problemi di salute al gip Giandomenico D’Agostino che dispose i domiciliari», ricorda l’avocato De Concilio. Il dispositivo del giudice è chiaro: «Le patologie già acclarate, seppur ritenute compatibili con la detenzione intramuraria, potrebbero portare a conseguenze letali o grandemente pregiudizievoli per la salute». Per il gip, dunque, Castagno meritava di scontare il suo debito con la giustizia a casa: in carcere la sua vita era rischio.
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LA RICHIESTA AL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
La nuova richiesta nel limbo per un mese Renato è rimasto ai domiciliari fino allo scorso ottobre quando dalla Cassazione è arrivata la condanna definitiva a poco più di 6 anni per il coinvolgimento nell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga avviata in città nei mesi più caldi del Covid. La contestazione dell’articolo 74 non prevede benefici, non c’era alternativa alla detenzione carceraria.

In autunno, dunque, il 37enne è tornato in cella, questa volta a Fuorni. Ed è lì che la soluzione di tutti i suoi mali sono diventati i “Padre Pio”: in carcere a Salerno non ha potuto continuare la terapia medica prescrittagli. Fra le celle, infatti, non possono entrare farmaci specialistici (come quelli per le patologie di cui era affetto Castagno) se non previa specifica autorizzazione. Non gli restava che l’ibuprofene.

E da subito, come ricorda Alessandro Mosca su La Città, il 37enne ha iniziato a sentire un crescente malessere: «Si recava spesso in infermeria e, in alcune occasioni, aveva la pressione minima a fra i 130 e i 140». Valori completamente sballati che hanno spinto Castagno a sottoporsi ad altri accertamenti senza, però, che nessuno abbia consigliato un ricovero ospedaliero. Una situazione a rischio che ha spinto l’avvocato De Concilio a presentare, lo scorso 13 febbraio, un’istanza al tribunale di sorveglianza per chiedere i domiciliari.
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La risposta è arrivata due giorni dopo la morte di Renato, giunto senza vita al Pronto soccorso del “Ruggi” nel pomeriggio del 19 marzo in seguito a un malore. Insomma il caso viene chiuso con il non luogo a provvedere per intervenuto decesso: il responsabile della direzione sanitaria di Fuorni, nel la sua segnalazione al tribunale del 12 marzo, aveva evidenziato che Castagno era monitorato, ma di non poter fare di più poiché «il paziente ad oggi non ha prodotto documentazione clinica tale da poter effettuare un corretto iter diagnostico-terapeutico».

Documenti che, in vece, come evidenzia la difesa di Remato Castagno, erano stati consegnati da tempo al magistrato di sorveglianza. Una beffa, dunque, che fa montare ancora di più la rabbia di chi chiede giustizia e verità per Castagno.

IL PRESUNTO ERRORE
Con una minima arteriosa a 140, sottolinea l’avvocato De Concilio a Castagno « fu dato l’ibuprofene che i detenuti chiamano le “pillole di Padre Pio” invece di un diuretico ha prodotto documentazione clinica tale da poter effettuare un corretto iter diagnostico terapeutico». Documenti che, in vece, come evidenzia la difesa del giovane, erano stati consegnati da tempo al magistrato di sorveglianza. Una beffa, dunque, che fa montare ancora di più la rabbia di chi chiede giustizia e verità per Castagno. La rabbia dell’avvocato.

«Sarà la Procura ad evidenziare eventuali responsabilità ma la direzione sanitaria del carcere e il tribunale di sorveglianza devono capire che queste richieste non possono essere trattate come dei semplici numeri», l’affondo dell’avvocato De Concilio che resta in attesa degli sviluppi dell’inchiesta già avviata dalla Procura di Salerno per poi procedere a un ulteriore esposto, teso ad appurare le eventuali responsabilità nella morte del suo assistito.

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