Scambio elettorale politico mafioso a Nocera, tutti assolti: il fatto non sussiste

L’inchiesta del 2017

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Inchiesta sullo scambio elettorale politico mafioso a Nocera Inferiore, assolti Antonio Pignataro, Antonio Cesarano, Carlo Bianco e Ciro Eboli.

La corte d’Appello di Napoli ha assolto con la formula “il fatto non sussiste” i quattro imputati dell’indagine “L’Altra storia 2” che sconvolse la vita politica nocerina a cavallo del 2017 e subito dopo.

GLI INDAGATI/IMPUTATI

Sott’inchiesta, nel 2017 finirono Antonio Pignataro (ultimo killer in vita di Simonetta Lamberti), Carlo Bianco allora consigliere comunale di maggioranza e ricandidato alle elezioni di quell’anno, Ciro Eboli, candidato in uno schieramento opposto, e Antonio Cesarano, noto professionista nocerino, interessato ad uno studio di analisi cliniche e vicesindaco di Nocera Inferiore, ma nei primi anni Duemila.

LA DELIBERA

Poco prima delle elezioni del 2017, la giunta del sindaci Manlio Torquato, varò una delibera di indirizzo che impegnò gli uffici a valutare il cambio di destinazione urbanistica di un terreno nella zona di Montevescovado dove realizzare la mensa dei poveri, a servizio della parrocchia di San Giuseppe Lavoratore. Per questa delibera non fu indagato nessun componente della Giunta Torquato. Tra l’altro l’opera non fu mai più eseguita.
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L’UTILITÀ E L’ASSOLUZIONE

Presupposto dello scambio politico mafioso è l’utilità a dare-ricevere la promessa di voti da parte di un esponente criminale e favore di uno o più candidati. Per la Corte d’Appello di Napoli questa utilità non c’è stata e quindi il reato non sussiste.

La presunta promessa che sarebbe stata fatta da Pignataro a Bianco per l’adozione della delibera d’indirizzo finalizzata al cambio di destinazione urbanistica non solo non ebbe utilità per i quattro imputati, ma se ci fosse stata, tra l’altro, al termine delle elezioni Bianco non si trovò nessun voto di quelli che avrebbe promesso il boss. Insomma, l’unico ad essere eventualmente avvantaggiato da questa delibera sarebbe stata il proprietario del suolo e la parrocchia di San Giuseppe Lavoratore.
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L’ACCUSA DI PARERE DIVERSO

Il procuratore generale della Corte d’Appello di Napoli, alla quale era stata rinviato il processo dalla Cassazione, aveva chiesto la conferma delle pene a 8 anni per il boss Antonio Pignataro, tre anni e 2 mesi per Eboli a due anni e 8 mesi per Bianco e Cesarano.

LA DIFESA
I difensori degli imputati già avevano sottolineato in Cassazione che «la delibera d’indirizzo fosse oggettivamente inutile ai fini del procedimento di variante al piano urbanistico comunale, per come spiegato anche da una consulenza sottoscritta da un docente universitario». Una delibera che affidava la valutazione sul da farsi agli uffici comunali, ma non diede nessun via libera alla costruzione della mensa di poveri, alla quale sarebbe stato interessato Pignataro.
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LE REAZIONI

«Dopo molti anni di lotta giudiziaria e ben quattro gradi di giudizio la Corte di Appello di Napoli, competente in sede di rinvio dopo l’annullamento da parte della Corte di Cassazione, ha assolto tutti gli imputati dal reato di cui all’art 416 ter CP perché il fatto non sussiste», hanno affermato gli avvocati Annalisa Califano e Massimiliano Forte, difensori di Cesarano.

I due legali hanno aggiunto: «Siamo soddisfatti del risultato ottenuto che ha fatto giustizia rispetto a fatti contestati al cittadino Cesarano che all’esito del giudizio è stato assolto con la formula più ampia, per insussistenza di qualsivoglia utilità. Il travaglio giudiziario ha segnato l’uomo Cesarano che fu arrestato insieme ad Eboli e Carlo Bianco, prima in carcere e poi ai domiciliari. La pronuncia odierna restituisce la dignità al professionista e al politico».
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«La Cassazione aveva escluso la natura di utilità che potesse essere rinvenuta nel cambio di destinazione d’uso del terreno dove sarebbe dovuta sorgere la mensa dei poveri a Vescovado – hanno sottolineato gli avvocati Andrea Vagito e Bonaventura Carrara, difensori di Bianco -. Un’utilità che, comunque, non avrebbe avvantaggiato nessuno degli imputati, ma esclusivamente o il proprietario del suolo o addirittura la parrocchia».

L’avvocato Giuseppe Annunziata, difensore di Pignataro, ha evidenzia: «Non ha retto la valutazione di quello che era stato il passato Pignataro posto alla base di un presunto scambio elettorale politico mafioso. È mancata l’utilità diretta del mio assistito avrebbe ricavato dalla promesso di voti».

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