Molti degli stati mediorientali rispettano gli accordi di Abramo
Massiccio attacco di Israele contro il quartier generale del gruppo libanese Hezbollah nella periferia meridionale di Beirut. Pioggia di missili, almeno sei, molto probabilmente una 30ina sono piombati intorno a quello che gli Israeliani hanno definito il centro del terrore. «Le Idf – le forze armate di Israele, ndr – hanno effettuato un attacco preciso contro il quartier generale centrale dell’organizzazione terroristica Hezbollah nascosto sotto gli edifici residenziali nel cuore del quartiere Dahieh di Beirut» scrive il portavoce dell’esercito con la stella di Davide. Diverse le vittime sotto i palazzi crollati.
L’obiettivo sarebbe stato Hassan Nasrallah il capo degli Hezbollah con i suoi vice a Beirut per «una veloce visita» al momento del raid israeliano. È quanto rivela una fonte Usa ad Abcnews, confermando quindi che il leader di Hezbollah era il target dell’operazione. Al momento voci contrastanti sulla sorte del capo degli Hezbollah, da fonti israeliane sarebbe morto, mentre dalla parte opposta si sarebbe salvato, probabilmente si è salvato.
LA REAZIONE A PAROLE, MA POCO NEI FATTI
Ora si teme un’escalation del conflitto, ma Israele non molla. Quello che appare strano che al di là delle contestazioni, quando l’Iran ha attaccato Israele nelle settimane scorse, una sorta di pantomima di attacco, i paesi che hanno siglato gli accordi di Abramo hanno partecipato alla difesa di Tel Aviv.
Nonostante la devastante azione di Gaza (Idf hanno annunciato che ormai Hamas è stato sconfitto militarmente in tutta la Striscia e ora è ridotto a un gruppo terroristico di guerriglia), tutti i paesi mussulmani protestano a gran voce, ma poi non fanno nulla: perché? C’è solo l’Iran che promette il cambio di regole. Affermano dall’Iran: Quanto commesso da Israele è un «crimine riprovevole e un comportamento irresponsabile». Israele «riceverà la punizione adeguata». Attesa la risposta in grande stile di Hezbollah. Intanto già stamattina, l’esercito israeliano ha spostato due brigate operative di riservisti nel nord del Paese, al confine con il Libano.
IL PROBABILE PERCHÉ
L’Iran continua a minacciare rappresaglie forti, ma anche gli attacchi contro le sue istallazioni sostanzialmente sono rimaste impunite. Israele è lontano e poi l’Iran ormai è una potenza nucleare, anche se non ufficialmente, e questo cambio di status le da forza da un lato e autorizza ad una massiccia reazione. Quindi meglio solo le chiacchiere e l’appoggio agli alleati che potranno fare quello che potranno fare.
Insomma, la paura di una resa dei conti finale che vedrebbe Israele, con la sua preponderante forza area, appoggiata direttamente o indirettamente anche da altri paesi mussulmani, fa paura. E non poco. Il rischio per l’Iran è quello di scomparire, almeno il suo regime sciita. È vero che l’Iran ha una diffusa mentalità imperiale, ma i timori sono preponderanti.
Il perché sta negli stessi motivi che hanno portato agli accordi di Abramo e che probabilmente hanno di fatto portato alla vendetta del sette ottobre 2023 da parte di alcuni gruppi palestinesi, soprattutto da Hamas, con l’appoggio dell’Iran.
NETANYAHU ALL’ONU HA MOSTRATO E LE DUE MAPPE, QUELLA DELLA «BENEDIZIONE E LA MALEDIZIONE»
Nel suo intervento all’assemblea generale dell’Onu, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha mostrato due mappe: la prima, intitolata «la benedizione», che riproduce un ponte logistico dall’India all’Europa attraverso il Medio Oriente, la seconda, «la maledizione», evidenzia in nero l’Iran e i suoi alleati.
«La domanda davanti a noi – ha affermato Netanyahu è quale delle due disegnerà il futuro: il futuro dove l’Iran e suoi alleati diffonderanno il caos e la distruzione o quella in cui Israele e gli altri paesi vivranno in pace? Israele ha già fatto la sua scelta… Per troppo tempo il mondo ha effettuato un appeasement con l’Iran, questo appeasement deve finire e deve finire ora… L’Iran cerca di imporre il suo radicalismo oltre il Medioriente e minaccia il mondo intero».
La benedizione oltre l’Israele mette in verde l’Arabia Saudita, il Sudan, l’Egitto, la Giordania. Il male sarebbe la Siria, l’Iraq e ovviamente l’Iran. In pratica, insieme da un lato quelli degli Accordi di Abramo (anche se intesi in senso allargato) Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, e Bahrein, Arabia Saudita, Egitto e Giordania che dal 2020 avevano creato una frattura con Siria, Iraq, Yemen e soprattutto Iran, questi ultimi quattro sarebbero stati schiacciati nella loro voglia di espansione e di assoggettare tutto il mondo mediorientale. Insomma, da un lato chi mira alla fine di una guerra e dall’altro chi vuole puntare su un perenne conflitto per regolare i conti prima che con Israele con gli altri paesi musulmani o interni ai singoli Paesi.