Cosa prevede il decreto approvata dal Governo
Mano pesante per chi usa violenza contro i sanitari. Chi si macchia di questo delitto potrà essere arrestata in flagranza di reato entro 48 ore (se ci sono documentazioni foto/video). Le pene andranno da uno a cinque anni di reclusione. Multe fino a 10 mila euro per chi devasta danneggia o rende inservibili le strutture sanitarie. E se si agisce in gruppo, le pene aumentano.
IL DECRETO
Approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto per contrastare il fenomeno sempre più diffuso delle aggressioni ai sanitari e delle vandalizzazioni di pronto soccorso e reparti ospedalieri. «Oggi abbiamo dato un’altra risposta concreta a tutela di tutti gli operatori del settore – ha affermato il ministro della Salute Orazio Schillaci, al termine del Consiglio dei ministri -. Abbiamo mantenuto un impegno preso con chi ogni giorno si dedica con competenza e dedizione alla cura dei cittadini e non merita di essere oggetto di violenza».
«È un forte effetto deterrente – ha detto il ministro Carlo Nordio -. È una cosa intollerabile che chi lavora con grande sacrificio in ambulatori e pronto soccorso venga aggredito». E il sottosegretario Alfredo Mantovano promette anche un ulteriore strumento di protezione: «È intenzione del governo prevedere nella prossima legge di Bilancio una norma che avrà adeguata copertura finanziaria per l’installazione di sistemi di videosorveglianza nelle strutture sanitarie maggiormente interessati da queste violenze».
IN CAMPANIA
In Campania il maggior numero di aggressione. «Provvedimento importante – commentano dall’Ordine dei medici di Napoli – ma occorre rendere operative le misure che introducono a videosorveglianza e implementano la presenza delle forze dell’ordine». Un piccolo passo in avanti, ma bisogna agire soprattutto sulla prevenzione, afferma Nessuno Tocchi Ippocrate, l’associazione che da anni denuncia le violenze contro i sanitari.
Ora si attende una riforma della medicina territoriale e dei dipartimenti di emergenza urgenza, con più personale negli ospedali ma anche con modelli organizzativi che prevedano un ruolo centrale della medicina di base ridimensionando così il numero di accessi nelle strutture sanitarie.