I punti salienti dell’inchiesta della Dda di Salerno che ha scoperto nuove alleanze, un’organizzazione di spaccio, l’esportazione dei soldi e gli investimenti in Spagna del clan, le mira sulle attività commerciali a Nocera Inferiore e le industrie a Fosso Imperatore
L’esito degli interrogatori. Il mistero degli sfuggiti al blitz. L’infiltrazione nella gestione della pubblica amministrazione. Dopo gli interrogatori di garanzia per l’operazione della Dda con i 25 arresti nell’ambito dell’inchiesta sul “Sistema” di Pagani, legato al clan Fezza De Vivo sono emersi diversi punti dell’indagine.
L’OGGETTO DELL’INDAGINE
Il clan Fezza De Vivo sarebbe capeggiato, promosso e diretto da Andrea De Vivo e Francesco Fezza di Pagani, nato da una sorta di alleanza tra le due famiglie, dopo la messa in ombra dei D’Auria Petrosino. I fratelli Daniele e Vincenzo Confessore sarebbero dirigenti dell’associazione criminale di stampo camorristico. Questi quattro sono sfuggiti all’operazione della Dda, di carabinieri, polizia e guardia di finanza di venerdì mattina, assieme ad altri due indagati.
LA FEDERAZIONE
Partecipante al clan sarebbe il 61enne Rosario Giugliano, detto “‘o minorenne”, noto pregiudicato di Poggiomarino, che sarebbe stato anche consigliere del gruppo dei Fezza De Vivo, portando ad una sua evoluzione sia nelle modalità di azione nel campo degli stupefacenti sia in quello delle estorsioni. Arrestato venerdì, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
ATTIVITÀ DEL CLAN, L’ORGANIZZAZIONE DELLE PIAZZE DI SPACCIO E LE ESTORSIONI
Sarebbero state messe a segno diverse estorsioni ad attività commerciali e industriali di Pagani, Nocera e Vietri Sul Mare, mentre il gruppo di Giugliano era interessato più a Poggiomarino, San Marzano Sul Sarno, Scafati, Angri, zona industriale di Fosso Imperatore a Nocera Inferiore.
Riorganizzata l’attività di spaccio di stupefacenti in dieci piazze di spaccio. I Fezza De Vivo, infatti, avevano diviso Pagani in nove piazze di spaccio: zona Variante (via Carlo Tramontano), via Taurano, “Casa Camptiell” (viale Trieste), la zona “Pennino” (via Andrea Tortora), Casa Marrazzo (via Marrazzo-via Malet), le “Palazzine” (via Mazzini, via Filettine), via Piave e via Marconi. La decima piazza era Nocera Inferiore, con ognuno un referente.
In un primo momento la fornitura della droga ai pusher doveva essere solo realizzata dal clan, successivamente all’incontro con Giugliano, ogni titolare di piazza di spaccio si riforniva dove voleva, ma doveva pagare una tangente al clan per poter operare (ad esempio 15mila euro al mese per la solo piazza di spaccio di via Taurano).
Con questo sistema, i Fezza De Vivo ritenevano di rimanere lontano dall’attenzione degli investigatori, pur incassando cifre iperboliche, mentre nei guai finivano solo i pusher. La gang aveva a disposizione molte armi, tra le quali mitra, pistole e bombe a mano.
LE SANIFICAZIONI
Durante il periodo Covid e successivamente, il clan Fezza De Vivo, attraverso Alfonso Marrazzo (presidente della Pedema, società cooperativa di Pagani), avrebbe messo le mani sulle sanificazioni di ambienti pubblici e privati, ma utilizzando, pare, solo acqua e profumo. Fatto ancor più grave se si pensa che Pagani è stato uno dei comuni più colpiti dalla pandemia.
La Pedema si sarebbe assicurata le commissioni dopo che, nel maggio 2020, era stato picchiato l’imprenditore del settore ambientale Vincenzo Calce di Pagani (attuale consigliere comunale) che lavorava a un minor prezzo ed eseguendo le sanificazioni secondo le regole. Marrazzo, difeso dall’avvocato Vincenzo Calabrese, ha affermato di conoscere solo uno degli indagati, il 43enne Giuseppe De Vivo, (cugino di Andrea), in quanto vicino di casa, ma di non avere nulla a che fare con le attività del clan ed ha negato tutto l’impianto investigativo anche nella parte dove si parla del suo interessamento per la zona di Fosso Imperatore (vedi capitolo successivo).
Il DENARO PORTATO IN SPAGNA
Una fabbrica di denaro sarebbe stato il clan Fezza De Vivo, soldi portati all’estero con trasferimento dei contanti suddivisi tra una decina di ragazzi e Villani. Ognuno sarebbe partito con un pacco da cinquemila euro, in modo da non rendere tracciabili i soldi versati in banche o utilizzate per pagamenti. Il denaro veniva portato in Spagna, dove i Fezza De Vivo avevano attività in cari settori. dai bar pasticceria alla produzione di pane, dall’import export tessile e alla commercializzazione di prodotti ortofrutticoli e al fitto di auto e veicoli leggeri. Le attività erano a Tarragona e Barcellona in Catalogna e nelle Isole Baleari.
Sequestrati in Italia anche bar e altre attività soprattutto al gruppo di Poggiomarinesi indagati. In totale oltre 240 tra conti correnti, carte di credito ed altro controllati dalla guardia di finanza ai 47 indagati.
IL CONSULENTE
Il 44enne commercialista Brunone Tagliamonte di Sant’Egidio del Monte Albino è indagato per concorso esterno in associazione camorristica per aver messo a disposizione la sua professionalità a favore di Marrazzo e dei vertici del clan. Interrogato dal Gip alla presenza dagli avvocati Raffaele Franco e Annalisa Califano, ha offerto una lettura diversa di tutte le intercettazioni che avevano portato alla emissione della misura cautelare a suo carico.
L’AREA INDUSTRIALE DI FOSSO IMPERATORE E LE ATTIVITÀ COMMERCIALI A NOCERA INFERIORE
Nocera Inferiore è la città dell’Agro nocerino che più di altre attrae investimenti dal punto di vista commerciale e dei servizi alle imprese, e questa realtà non sarebbe sfuggita al clan Fezza De Vivo di Pagani. Non solo Nocera, quindi, come decima piazza di spaccio del clan, ma anche terreno di conquista dell’economia legale.
In questa tranche dell’inchiesta è coinvolto in particolare Alfonso Marrazzo che avrebbe cercato di infiltrarsi in una serie di operazioni economiche in particolare secondo il progetto ideato da ‘o minorenne, il Poggiomarinese Rosario Giugliano, nel Consorzio di gestione dei servizi “Le Cotoniere” all’interno della zona industriale di Fosso Imperatore a Nocera Inferiore per i servizi che questo garantiva e avrebbe potuto offrire legalmente.
Alcuni imprenditori pagavano la tangente al clan e in un caso 5.000 euro di pizzo mensile furono mandati indietro dal clan perché al di sotto delle loro pretese. Tagliamonte avrebbe offerto anche la sua consulenza per l’apertura di un pub a Nocera Inferiore, locale che avrebbe avuto intestatari fittizi rispetto a quelli reali appartenenti al clan De Vivo.
LA CAPACITÄ DEL CLAN DI INFILTRASI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Il Gip ha sottolineato che il clan Fezza De Vivo avrebbe “vantato rapporti anche con amministrazioni comunali compiacenti che, secondo la prospetta clone accusatoria, gli avevano consentito importanti infiltrazioni delinquenziali nella gestione della Pubblica Amministrazione con capacità sia di investire che anche di riciclare i proventi della propria attività delinquenziale”.
GLI ARRESTATI
Il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare:
28enne Anthony Acquaviva,
29enne Giuseppe Attianese,
42enne Rosario Capozzolo,
32enne Daniele Confessore,
44enne Vincenzo Confessore,
37enne Andrea De Vivo,
43enne Giuseppe De Vivo, detto “Peppe ‘o russ”,
35enne omonimo Giuseppe De Vivo,
35enne Francesco Fezza,
34enne Carlo Fiore,
43enne Antonio Fisichella,
32enne Nicola Francese,
il 31enne Salvatore Giglio,
30enne Nicola Liguori,
36enne Alfonso Manzella (noto cantante neo melodico, soprannominato “Zuccherino”),
49enne Alfonso Marrazzo,
44enne Vincenzo Villani e di altri due indagati ancora non trovati, tutti di Pagani.
Altri destinati destinati a una casa circondariale:
44enne Brunone Tagliamonte di Sant’Egidio del Monte Albino,
50enne Salvatore Casillo di San Marzano sul Sarno
39 anni Raffaele Carrillo di Poggiomarino
61anni Rosario Giugliano di Poggiomarino, detto “‘o minorenne”,
51enne Gennaro Marra di Poggiomarino
65enne Francesco Sorrentino di Poggiomarino.
Mentre ai domiciliari il 48enne Giovanni Orefice di Poggiomarino.
IL CASO
Non sono stati ancora trovati Andrea De Vivo, Francesco Fezza, i fratelli Confessore ed altri due indagati, mentre il 43enne Giuseppe De Vivo si è costituito mercoledì sera al carcere di Salerno. Indagini in corso da parte dei carabinieri, polizia e guardia di finanza, coordinati dal pm Elena Guarino e dal procuratore capo Giuseppe Borrelli che stringono sempre più il cerchio delle indagini e delle ricerche. L’inchiesta dovrà riguardare l’assenza in contemporanea di sei indagati, in particolare di Fezza, Andrea De Vivo e dei fratelli Confessore, ritenuti i primi due capi del clan, gli altri due con una posizione di rilievo.
GLI INTERROGATORI DI GARANZIA
Durante gli interrogatori di garanzia davanti al gip del tribunale di Salerno, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: Giugliano, Manzella, Villani, Casillo, Acquaviva, Fisichella e Giglio. Hanno respinto le ipotesi investigative: Marrazzo, Tagliamonte, Capozzolo, il 35enne Giuseppe De Vivo, Fiore. Francese ha sostenuto quello che già aveva detto in un’altra indagine, di conoscere solo Rosario Giugliano e non di far parte del clan Fezza De Vivo.