Eseguite due misure cautelari, indagano le Dda di Napoli e Palermo. Nelle indagini costruttori palermitani, faccendieri svizzeri, trafficanti di cocaina e hashish, ed alcuni albanesi
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Riciclaggio, autoriciclaggio internazionale e trasferimento di valori fraudolento. Sono le ipotesi di reato sulle quali indagano le Dda di Napoli e Palermo nell’ambito di una inchiesta sfociata in un fermo, una ordinanza di custodia cautelare e a due sequestri, rispettivamente per venti e 30 milioni di euro.
Riflettori su alcune operazioni finanziarie che secondo i magistrati palermitani, guidati dal procuratore Francesco Lo Voi, riguarderebbero somme di denaro riconducibili alla mafia e risalenti agli anni Settanta: somme figlie degli affari fatti con il cosiddetto ‘sacco di Palermo’, la speculazione edilizia sul capoluogo siciliano, e il traffico internazionale di droga conosciuto come ‘pizza connection’, sul quale indagò Giovanni Falcone. L’inchiesta ha portato al sequestro penale di venti milioni di euro depositati in ALBANIA e a un sequestro di prevenzione per circa trenta milioni di euro in esecuzione di un decreto emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale: beni che sarebbero stati sottratti al provvedimento di confisca che riguardava il noto costruttore palermitano Francesco Zummo.
In parallelo la Procura di Napoli, diretta da Giovanni Melillo, ha indagato su una organizzazione dedita al riciclaggio ed al traffico internazionale di droga: in questo contesto sono emersi i ruoli di alcuni indagati coinvolti nelle vicende che interessavano i colleghi palermitani. Le indagini, avviate all’indomani di un sequestro di oltre 17 tonnellate di droga eseguito nel giugno del 2020 nel porto di Salerno, hanno condotto all’individuazione di una sofisticata organizzazione con basi in Albania, Italia e Svizzera finalizzata all’importazione di grandi quantitativi di cocaina e hashish dal Sudamerica e dal Nordafrica, oltre che al riciclaggio dei profitti di questo traffico. Alle indagini della Procura partenopea hanno collaborato anche il ministero Pubblico della Confederazione svizzera e la Polizia giudiziaria federale (divisione Criminalità economica) di Lugano.
In questo contesto si inseriscono anche gli arresti effettuati contestualmente dalla Procura speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata di Tirana (Albania): in arresto cittadini albanesi che avrebbero consentito il riciclaggio dei venti milioni di euro riconducibili a Cosa nostra sequestrati dalla Procura di Palermo.