Tutte le domande e le ultime decisioni
In Uruguay oltre un milioni di cittadini ha già ricevuto la terza dose, in Spagna 250mila, in Italia siamo ad oltre le 200mila persone che hanno praticato la dose booster del vaccino anticovid.
PER QUANTO TEMPO I VACCINI SONO EFFICACI
I vaccini anti-Covid a mRna mantengono una elevata protezione dal contagio (all’89%) nella popolazione generale dopo sette mesi dalla somministrazione. Protezione che resta alta anche contro il ricovero e il decesso, cioè pari al 96% e al 99%, a sei mesi dalla seconda dose. Emerge dal quarto Report dell’Istituto superiore della Sanità e del Ministero della Salute, che monitora mese per mese la durata dell’efficacia degli immunizzanti e ha esaminato i dati di oltre 29 milioni di persone. L’analisi rileva invece una lieve diminuzione nella protezione dall’infezione (sintomatica o asintomatica) in alcuni gruppi specifici, come negli immuni-compromessi e nei fragili.
CAMBIAMENTI GREEN PASS
Proprio in vista di una terza dose per queste ultime due categorie di individui, la commissione Ue sta valutando ‘se e come aggiornare’ il Green Pass europeo. Al momento – ha sottolineato il portavoce – il Green Pass europeo non prevede “una scadenza” per la seconda dose ma solo per chi è guarito dal Covid (sei mesi). E il trattamento regolatorio della terza dose “non è chiarito”, dato che la legge “è stata redatta molto prima” del dibattito sull’utilizzo della cosiddetta dose booster. La commissione – è stato aggiunto – sta “seguendo gli sviluppi per fornire tutti gli aggiornamenti necessari”.
In buona parte gli scienziati continuano a dire che la terza dose almeno per adesso non riguarda l’intera popolazione ma soltanto chi ha bisogno del booster. A cominciare dall’immunologo dell’Università di Milano e membro del Comitato scientifico Sergio Abrignani, che afferma: “La terza dose non serve che la facciano tutti, adesso. Ora è importante che ai cittadini vengano somministrate la prima e la seconda dose dell’immunizzante”.
GLI IMMUNODEPRESSI
Secondo il Report dell’Iss, l’analisi sottolinea che nelle persone immunocompromesse si osserva una riduzione dell’effetto protettivo del vaccino verso l’infezione a partire da 28 giorni dopo la seconda dose. La stima in questo caso – dicono i ricercatori – presenta una variabilità elevata dovuta in parte al ridotto numero di soggetti inclusi in questo gruppo ma anche connessa alla diversità delle patologie che rientrano in questa categoria. Confrontando i dati tra gennaio e giugno 2021, periodo in cui predominava la variante Alfa, con quelli tra luglio e agosto, a prevalenza Delta, emerge una riduzione dell’efficacia contro l’infezione dall’84,8% al 67,1%. Resta invece alta l’efficacia contro i ricoveri (91,7% contro 88,7%).
OVER 18
Via libera dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) alla terza dose aggiuntiva di vaccino anti-Covid – con gli immunizzanti Comirnaty (BioNTech/Pfizer) e Spikevax (Moderna) – ai soggetti immunodepressi. Rispetto invece alla popolazione generale, l’Ema ha concluso che le dosi di richiamo possono essere prese in considerazione con il vaccino Comirnaty almeno 6 mesi dopo la seconda dose per le persone over-18 e si sta valutando il richiamo con il vaccino Moderna. L’indicazione arriva mentre in Italia la rivaccinazione con terze dosi è già partita per i soggetti immunodepressi ed è al via in varie Regioni anche per le ulteriori categorie individuate come prioritarie, ovvero gli over-80 ed il personale sanitario. Una dose extra dei vaccini Covid-19 Comirnaty e Spikevax, ha chiarito l’Ema, può essere somministrata a persone con sistema immunitario gravemente indebolito almeno 28 giorni dopo la loro seconda dose.
La raccomandazione arriva dopo che gli studi hanno dimostrato che una dose extra di questi vaccini ha aumentato la capacità di produrre anticorpi contro il virus SarsCoV2 nei pazienti sottoposti a trapianto di organi con sistema immunitario indebolito. L’Agenzia precisa però che è importante distinguere tra la dose extra per le persone con un sistema immunitario indebolito e le dosi di richiamo (cosiddette ‘booster’) per le persone con un sistema immunitario normale. Per queste ultime, l’Ema ha valutato i dati per Comirnaty che mostrano un aumento dei livelli anticorpali quando viene somministrata una dose di richiamo circa 6 mesi dopo la seconda dose in persone di età compresa tra 18 e 55 anni. Sulla base di questi dati, sottolinea, “il comitato per i medicinali ad uso umano ha concluso che le dosi di richiamo possono essere prese in considerazione almeno 6 mesi dopo la seconda dose per le persone di età pari o superiore a 18 anni”. Si stanno invece attualmente valutando i dati per supportare una dose di richiamo per Spikevax.
A livello nazionale, precisa inoltre l’Ema, gli organismi di sanità pubblica “possono emettere raccomandazioni ufficiali sull’uso delle dosi di richiamo, tenendo conto dei dati di efficacia emergenti e dei dati di sicurezza limitati”. Il rischio di “condizioni infiammatorie cardiache o altri effetti collaterali molto rari dopo un richiamo non è noto e – rileva ancora l’Agenzia Ue – viene attentamente monitorato”. Sull’opportunità di somministrare la dose booster di richiamo alla popolazione generale il dibattito resta però aperto. Un nuovo studio dell’ospedale Santa Lucia IRCCS di Roma ha ad esempio dimostrato che la seconda dose di vaccino anti-Covid produce non solo la risposta anticorpale ma crea anche la memoria immunologica capace di proteggere a lungo termine la persona. Lo studio conferma la presenza di linfociti T della memoria per almeno 6 mesi dalla prima dose del vaccino, rilevando lo sviluppo di una risposta cellulare che si mantiene nel tempo.
Per i soggetti sani, dunque, affermano i ricercatori, “la terza dose di vaccino potrebbe non essere necessaria”. Sulla stessa linea il virologo Fabrizio Pregliasco, secondo il quale non sarà probabilmente necessario rivaccinarci tutti e l’esigenza di richiamo annuale sarà per le persone più fragili e per quelle più esposte. Pochi dubbi, invece, sulla necessità della terza dose per gli immunodepressi, come dimostra anche un’ultima ricerca dell’Ospedale Bambino Gesù in base alla quale la terza dose è “indispensabile” proprio per questa categoria. Tre pazienti immunodepressi su 10, secondo lo studio, non rispondono infatti al vaccino anti-Covid e 7 su 10 sviluppano anticorpi e linfociti specifici contro il virus, soprattutto dopo la seconda dose, ma in quantità inferiori rispetto alle persone sane.