Svolta nelle indagini dopo la confessione di uno dei tre indagati per la tragedia delle funivia piemontese che ha causato 14 vittime. Ecco cosa è accaduto
Sono Luigi Nerini, 56enne di Baveno (Verbania) proprietario della Ferrovie del Mottarone, il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini le tre persone fermate questa notte alle quattro, per l’incidente di domenica alla funivia del Mottarone in cui sono morte 14 persone. Al termine del lungo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Stresa, i tre sono stati condotti nel carcere di Verbania, in attesa della convalida del fermo.
LA CONFESSIONE
“Uno dei tre fermati ha confermato la presenza del forchettone”, ha dichiarato a Italpress Così Alberto Cicognani, comandante dei carabinieri di Verbania. L’indagato ha dichiarato ai militari che durante l’esercizio il giorno della tragedia era stato inserito il sistema di sblocco del freno d’emergenza (una delle concause della tragedia). E’ invece ancora da chiarire, perché abbia ceduto il cavo trainante, ovvero la causa scatenante prima della tragedia, su questo le indagini sono ancora in corso e solo i periti potranno fare chiarezza. Nelle prossime ore, saranno sentite altre persone. Emerge comunque un quadro preoccupante, sui sistemi di sicurezza dell’impianto. Durante la notte la confessione di tutti e tre.
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LE INDAGINI
Il cavo trainante spezzato è “l’innesco della tragedia” sulla funivia del Mottarone, ma poi c’è un comportamento “consapevole e sconcertante” di chi ha preferito il guadagno alla sicurezza. Queste le parole del procuratore di Verbania Olimpia Bossi al termine degli interrogatori che hanno portato ai tre fermio. “Abbiamo potuto accertare – aggiunge il magistrato -, in particolare dall’analisi dei reperti fotografici, che la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso, cioè non era stato rimosso o meglio era stato apposto il ‘forchettone’ che tiene distante le ganasce dei freni che avrebbe dovuto bloccare il cavo in caso di rottura”. Un malfunzionamento che i tre ignorano – c’è un intervento il 3 maggio scorso, ma poi si chiudono gli occhi di fronte ad altre spie iniziate fin dalla riapertura del 26 aprile – con la “convinzione che mai si sarebbe tranciato il cavo”. Insomma, il sistema di controllo della funivia segnalava continui problemi e per evitare lo stop avevano sbloccato il freno di emergenza.
UNA TRAGEDIA POSSIBILE DA SETTIMANE
“Per settimane” chiunque ha messo piede su quella cabinovia era a rischio. Una scelta “molto sconcertante” quella che i tre hanno portato avanti pur di evitare una riparazione adeguata del sistema frenante che probabilmente avrebbe portato a una lunga chiusura dell’impianto, le cui casse erano state messe già a dura prova dal lockdown.