Torna l’ipotesi dell’origine da laboratorio del coronavirus, ma molti sono i dubbi

Lo scoop è del Wall Street Journal, di mezzo anche i dubbi di Antony Fauci, ma ci sono molte cose che non tornano. Di mezzo una storia di servizi segreti e grandi interessi in gioco

Il Sars Cov 2, il coronavirus responsabile della Covid 19 è frutto di un esperimento nel laboratorio cinese di virologia a Wuhan? L’ipotesi, lanciata con poco successo dall’amministrazione del presidente Trump, con tanto di cassa di risonanza sui social, soprattutto da quelli di “marca trumpiana”. Ora a riportare in auge qualcosa di simile è addirittura il prestigioso Wall Street Journal, il giornale statunitense a maggior tiratura e che si occupa principalmente di affari e finanza.

LO SCOOP

Il Wsj rivela che tre ricercatori del laboratorio cinese di virologia a Wuhan si ammalarono nel novembre del 2019 a tal punto da farsi ricoverare in ospedale. Una rivelazione legata ad un rapporto di intelligence Usa finora top secret che rilanciano i sospetti che il virus del Covid-19 possa essere frutto di un incidente di laboratorio e rafforzano le crescenti richieste di una più ampia indagine indipendente sulle sue origini. Uno scoop giornalistico che arriva al momento giusto, vista l’Assemblea mondiale della sanità a Ginevra, l’organo legislativo dell’Oms, che dovrebbe discutere proprio di una nuova inchiesta sul coronavirus e di un trattato per garantire più cooperazione e trasparenza a livello internazionale anche in vista di nuove pandemie.

I PUNTI SALIENTI
Il Wsj scrive di dettagli degli 007 che vanno oltre il documento diffuso dal Dipartimento di Stato nei giorni finali dell’amministrazione Trump, che parlava di diversi ricercatori dello stesso laboratorio ammalatisi nell’autunno 2019 «con sintomi compatibili sia con il Covid-19 che con le comuni malattie stagionali», come l’influenza. Ora c’è un numero preciso di ricercatori, un periodo più circostanziato e la notizia dei ricoveri, nel mese antecedente al primo caso confermato di Covid, l’8 dicembre 2019.

I FORTI DUBBI SU QUESTA TESI
Se l’8 dicembre 2019 è il primo caso confermato di Covid 19, significa che l’infezione è stata contratta a novembre ma quello è proprio il primo caso? Sembra proprio di no. Basterebbe ricordare che in Lombardia, la procura di Bergamo indaga su almeno 110 casi di polmoniti simili a quelle da Covid in Val Seriana, risalenti a dicembre 2019. In uno studio dell’Istituto superiore di sanità su prelievi nel sistema fognario effettuati a Milano da ottobre 2019 a febbraio 2020, inoltre, è stato evidenziato la presenza di Rna virale di Sars-CoV2 nei campioni prelevati a Milano il 18 dicembre 2019 e in quelli successivi, mentre i campioni prelevati a ottobre e novembre erano stati negativi. Insomma, a Milano e nella Bergamasca il coronavirus era già arrivato almeno a dicembre. Ora, è evidente che l’infezione sia precedente a dicembre 2019 (attesa tempi di manifestazione della malattia virale) e una tale diffusione in pochi giorni, visto l’indice di contagiosità del Sars Cov 2, deve essere di alcuni mesi precedenti. Conseguentemente che anche tre ricercatori possano essersi infettati. Ma c’è di più. La diagnosi è compatibile, visti gli effetti, con quella della Covid 19, ma ormai sappiamo che i sintomi sono sovrapponibili a un’influenza comune.

ANCORA DUBBI
Manca quindi, la diagnosi precisa e non è inusuale per i cinesi andare in ospedale quando non si sentono bene, o per scarso accesso ai medici generici o perché possono avere cure migliori. In più, le fonti del Wsj divergono: secondo una, le informazioni agli 007 sono state fornite da un partner internazionale e sono potenzialmente significative ma richiedono ulteriori accertamenti; secondo un’altra, provengono da vari interlocutori e sono molto precise.

LA RISPOSTA DELLA CINA
Pechino grida basta complotti: «Gli Usa continuano a promuovere la teoria della fuga dal laboratorio» ma il rapporto «non è veritiero». «Sono davvero interessati a individuare l’origine del virus o a distogliere l’attenzione?», ha chiesto il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, rilanciando gli interrogativi sulla base militare di Fort Detrick in Maryland e «sugli oltre 200 biolab gestiti dagli Stati Uniti».

LA PRIMA INCHIESTA SULL’OMS
La commissione dell’Organizzazione mondiale della sanità, che ha indagato a Wuhan, ha concluso in un rapporto comune con gli esperti cinesi che il virus si è propagato molto probabilmente da un pipistrello all’uomo attraverso un altro animale e che una fuga da laboratorio è «estremamente improbabile». Tuttavia nello stesso giorno il capo dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ammesso che il team non ha indagato adeguatamente l’ipotesi dell’incidente in laboratorio e ha sollecitato un’inchiesta più completa, anche perché l’istituto di Wuhan non ha condiviso i dati grezzi, i registri di sicurezza e altri documenti sulle sue ricerche sui coronavirus nei pipistrelli, che molti considerano la probabile causa del virus.

Negato finora anche l’accesso alla banca del sangue di Wuhan per testare campioni prima del dicembre 2019. Così quella che è stata a lungo considerata dagli scettici una teoria cospirativa, sta attraendo sempre più interesse da parte di scienziati che denunciano la carenza di trasparenza da parte della Cina o di prove definitive per un’ipotesi alternativa. Mentre Usa, Ue ed altri Paesi sostengono la necessità di una inchiesta internazionale indipendente.

LA POSIZIONE DI FAUCI
Lo scienziato italo americano Anthony Fauci è l’esperto di virus e malattie infettive più importante al mondo. Il direttore dell’Istituto nazionale di malattie infettive e capo consigliere medico del presidente Usa Joe Biden si dice oggi a favore di un’indagine. Alla domanda se sia stato originato naturalmente, ha risposto: «Non ne sono convinto, penso che dovremmo indagare su ciò che è successo in Cina».

loading ads