I comitati per l’acqua pubblica, le realtà politiche e le reti civiche del distretto Sarnese-Vesuviano mettono in piedi una mobilitazione per bloccare l’ennesimo aumento delle tariffe Gori
Saltata la riunione del Consiglio di Distretto sarnese-vesuviano del 4 maggio, per mancanza del numero legale, la seconda convocazione si terrà martedì 18 maggio alle ore 16. All’ordine del giorno, tra le altre cose, ci sarà l’approvazione di un nuovo schema regolatorio per gli anni 2020-2023. Tale schema prevede un progressivo aumento tariffario, che per gli anni 2022 e 2023 arriverà a toccare il 2,5%. Questo aumento si innesta su quelli, già elevatissimi (parliamo del 31%!), applicati durante gli anni 2016-2019.
Il servizio idrico nel distretto, come si sa, è gestito dalla GORI spa, i cui introiti tariffari sono passati da 120 milioni di euro nel 2011 a ben 209 nel 2019, profitti che non si sono tradotti in alcun investimento o efficientamento della rete idrica o miglioramento del servizio. Lo sanno bene i cittadini che, soprattutto in alcune zone, combattono quotidianamente con riduzioni del flusso, con disservizi, con distacchi scellerati, e a volte addirittura con un’acqua non propriamente limpida. I 29 rappresentanti dell’ATO3 chiamati a esprimersi su questi aumenti hanno la possibilità di risparmiare ai cittadini l’ennesima mazzata e l’ennesima ingiustizia: i debiti della GORI non devono ricadere su noi utenti, specialmente in un periodo critico come questo.
Potere al popolo Agro nocerino-sarnese nei giorni scorsi ha fatto pressione su quei rappresentanti che possono influire, col loro voto, su questa decisione: oggi pomeriggio, 14 maggio, come attivisti siamo a Scafati per chiedere pubblicamente al sindaco Cristoforo Salvati di fare gli interessi dei suoi cittadini, opponendosi all’approvazione degli aumenti. Il 15 e il 16 saremo di nuovo in città per parlare con gli abitanti, informarli di questa imminente decisione e invitarli a partecipare al presidio organizzato dai comitati della Rete civica NO Gori che si terrà il 18 al municipio di Scafati, in concomitanza con il consiglio di distretto.
Una presenza fisica simbolica – dal momento che il consiglio si terrà online per le ovvie ragioni del Covid – accompagnata, speriamo, da una presenza da uditori al consiglio vero e proprio, per la quale la rete NO Gori ha fatto richiesta formale. È maggio 2021, tra un mese cade il decennale del referendum sull’acqua pubblica, con cui quasi un plebiscito si espresse dicendo chiaro e tondo che l’acqua deve essere gestita in maniera pubblica, slegata dalla logica del profitto, in maniera che sia economicamente accessibile a tutti. La congiuntura storica ci obbliga a serrare le fila: sappiamo che quella dell’acqua potabile sarà la grande questione di un futuro neanche tanto lontano, che la sua scarsità riguarda già alcune zone del mondo, e che non possiamo più permetterci di considerarlo un bene “naturalmente” garantito.
Lo sanno bene anche le multinazionali e i privati: negli ultimi anni le loro strategie aggressive di accaparramento della gestione idrica nei territori non è casuale, deriva da questo imminente scenario. Di questo accaparramento si fa promotore anche il PNRR (il Recovery Plan), che prevede la completa privatizzazione del servizio idrico su scala nazionale, laddove i privati non sono ancora riusciti a penetrare. Mettere le mani su un bene primario che è destinato a diventare sempre più prezioso è un’occasione ghiotta per chi non si fa scrupoli ad arricchirsi alle spalle di intere popolazioni che già ora lottano per la sopravvivenza.
È per questo che la mobilitazione deve attivarsi nella maniera più efficace e consapevole possibile: dobbiamo riprendere il discorso iniziato dieci anni fa, e renderlo sempre più solido, attraverso una partecipazione popolare sempre più numerosa, nelle piazze e per le strade, e che faccia pressione sui sindaci e sulla Regione, affinché la GORI venga liquidata e la gestione torni pubblica e trasparente. L’alternativa esiste, la legge lo prevede, e il referendum del 2011 lo ha chiesto a gran voce: il servizio idrico può e deve essere gestito attraverso un ente di diritto pubblico, come ad esempio L’ABC di Napoli (Acqua Bene Comune). Questo tipo di scelta non obbedisce soltanto a un principio etico, per quanto fondamentale, ma si traduce anche in notevole risparmio per gli utenti (basta paragonare le attuali tariffe per rendersene conto).