A cura della Camera Civile di Nocera Inferiore
Le banche vengono viste dai loro clienti, siano essi privati o imprenditori, come dei veri e propri colossi e in quanto tali, impossibili da affrontare. Un’ annosa questione relativa ai rapporti banca/clienti riguarda l’anatocismo bancario. Tale problematica ha determinato un forte squilibrio nei suddetti rapporti, all’interno dei quali il cliente si è sempre visto non tutelato anche a causa delle poche conoscenze in materia finanziaria. È dunque necessario comprendere cosa si intenda per anatocismo bancario e quali sono gli strumenti che il cliente può utilizzare per difendersi contro eventuali abusi della banca. L’anatocismo (dal greco ἀνατοκισμός anatokismós, composto di ανα- «sopra, di nuovo» e τοκισμός «usura») nel linguaggio bancario è la produzione di interessi da altri interessi resi produttivi (capitalizzati) sebbene scaduti o non pagati, su un determinato capitale. Dunque accade che quando gli interessi vengono capitalizzati, i successivi interessi che maturano non vengano calcolati solo sul capitale originario, ma anche su tali interessi capitalizzati.
L’Anatocismo, è vietato dall’art. 1283 c.c. che prevede, quale regola generale, valevole per ogni rapporto e non solo per quelli bancari, quella per cui gli interessi maturano sul solo capitale dovuto e non anche sugli interessi precedentemente maturati. Tale norma, in particolare, prevede che gli interessi possano maturare su altri interessi, salvo usi contrari, solo dal giorno della domanda giudiziale o come conseguenza di un accordo successivo alla scadenza di tali interessi e purché si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi. Qualora tale accordo manchi gli interessi possono essere conteggiati solo sul capitale scaduto, essendo appunto escluso l’anatocismo. Orbene, nonostante il divieto a carattere imperativo posto dall’art. 1283 c.c., le Banche al contrario hanno applicato la capitalizzazione trimestrale delle competenze a debito maturate sui conti per un tempo lunghissimo, commettendo un vero e proprio abuso nei confronti dei propri clienti.
Questo ovviamente comporta per la banca un indubbio e notevole vantaggio economico ma il risultato, a danno del correntista, sarà poi che il tasso applicato effettivamente sarà molto più alto di quello dichiarato in contratto. Tale situazione è perdurata fino ad una fondamentale pronuncia della Corte di Cassazione e precisamente la: Sentenza n.2374 del 16-03-1999, a seguito della quale, la pratica anatocistica diveniva di fatto illegittima tout court, in quanto fondata su un uso negoziale e non normativo. Da qui il legislatore per evitare l’esplodere del contenzioso bancario, intervenne con una norma di urgenza, il D.lgs. n.342/99 che, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 4 ottobre 1999, stabiliva all’art. 25 che: “il CICR ha il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria”, il principio generale di tale norma era quello per cui la capitalizzazione intervenuta prima della delibera CICR 9 febbraio 2000 veniva sanata, mentre per il futuro i contratti stipulati precedentemente a tale intervento potessero continuare ad applicare l’anatocismo bancario purché ciò avvenisse conformemente alle condizioni fissate dalla delibera stessa.
Nel 2016 la materia è stata modificata ulteriormente prevedendo nella sostanza una sorta di anatocismo condizionato allo specifico consenso del cliente, prevedendo che “1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo”. Nonostante i numerosi interventi legislativi, le problematiche connesse all’anatocismo bancario continuano ad essere motivo di contenzioso. Gli orientamenti giurisprudenziali però sono differenti e lasciano spazio all’incertezza che favorisce a sua volta la conflittualità. I giudici ritengono, in linea generale, che il mero adeguamento della banca alla delibera CICR 9.2.2000 non valga per i contratti di conto corrente bancario preesistenti, a meno che non intervenga una espressa approvazione da parte del cliente: pur con una varietà di indicazioni giurisprudenziali, tale orientamento comporta che per i rapporti già in essere in quella data, salva appunto l’approvazione espressa, continui a permanere l’illegittimità della clausola che consentiva la capitalizzazione trimestrale degli interessi anche in relazione agli addebiti degli interessi anatocistici successivi all’adeguamento alla delibera CICR 9.2.2000.
Per concludere è importante capire quali siano gli strumenti di tutela del cliente di una banca in caso di anatocismo bancario, infatti il cliente, una volta accertato l’illecito anatocismo, può richiedere all’istituto di credito il rimborso di quanto illegittimamente trattenuto dallo stesso, nel caso in cui il conto corrente non sia ancora chiuso o sia stato chiuso non oltre dieci anni. Ottenere la restituzione di una parte degli interessi pagati per anatocismo bancario consente anche di avere un notevole potere contrattuale verso la banca e può rappresentare un fattore importante per rinegoziare i termini contrattuali dei rapporti in essere o di eventuali piani di rientro. L’ azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale.
Avvocato Irma Loredana Scarpa