Inchiesta sui clan dell’Agro, la Cassazione conferma la tesi della Dda

Inammissibili i vari ricorsi di molti indagati, rigettato quello dell’industriale Gambardella, accolto solo quello di Cirota

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La Dda di Salerno trova una nuovo conferma oltre quella del Tribunale del Riesame anche quella della Cassazione per la seconda inchiesta sui clan Fezza De Vivo di Pagani e quello del 63enne Rosario Giugliano, detto ‘o Minorenne, di Poggiomarino.

Regge, in fase cautelare, al vaglio della Cassazione l’impianto che ha portato a numerosi arresti, tranne che per il 24enne Gennaro Cirota di Pagani, difeso dall’avvocato Pierluigi Spadafora, la cui ordinanza è stata annullata con ora tornerà al tribunale del Riesame. Tutti gli altri sono state dichiarati inammissibili, mentre per il 43enne industriale Stefano Gabardella di Nocera Inferiore, assistito dagli avvocati Gregorio Sorrento e Giovanni Annunziata, è stato rigettato il ricorso alla Suprema Corte.

L’inchiesta passata al vaglio del Gip, il 12 giugno scorso portò a 22 indagati in carcere e uno ai domiciliari. Indagine condotta dalla Dda di Salerno, diretta dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, e dai carabinieri del Reparto territoriale di Nocera Inferiore, agli ordini del tenente colonnello Gianfranco Albanese e dalla Squadra Mobile di Salerno, all’epoca sotto la direzione del vicequestore Gianni Di Palma. I 23 sono indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, rapine, ricettazione e detenzione e porto illegali di armi, tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.
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LE ESTORSIONI
Otto gli episodi di estorsione, tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose, su cui si soffermata la nuova tranche d’inchiesta, ai quali si aggiungono la detenzione illegali di armi da fuoco utilizzate per la partecipazione ad un summit di camorra, oltre al traffico di sostanze stupefacenti oltre che partecipazione ad associazione camorristica di stampo mafioso.

Rinvenute e sottoposte a sequestro nel corso delle indagini tre pistole e due fucili, e numeroso munizionamento di vario calibro. Alle indagini avrebbero dato il loro apporto tre collaboratori di giustizia, tra cui lo stesso Giugliano, tornato a “pentirsi” dopo una prima collaborazione, terminata con un rientro nell’ambito criminale. Un rientro che, come è ormai note, avrebbe portato a un salto qualitativo i clan dell’Agro, federati con quello di Giugliano.
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L’industriale Stefano Gambardella attivo a Fosso Imperator di Nocera Inferiore e, secondo la Dda, avrebbe agito come una sorta di cavallo di troia all’interno delle aziende dell’Agro per contattare altri imprenditori e farli sottoporre ad estorsione da parte di Rosario Giugliano. Stefano Gambardella, in concorso con Rosario Giugliano e altri due protagonisti della precedente inchiesta dello scorso dicembre, avrebbe contattato un noto imprenditore della logistica dell’Agro nocerino ottenendo 2.000 al mese di pizzo, intascate dal boss poggiomarinese.

Giugliano sarebbe stato l’ideatore e il promotore dell’estorsione ad uno degli imprenditori tra i più attivi del suo settore della provincia di Salerno. E qui sarebbe scattata l’intermediazione di Gambardella. I fatti si sarebbero stati commessi tra San Valentino Torio, Nocera Inferiore e Pagani nel dicembre del 2022.

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