«Illogico l’annullamento del carcere per Pignataro, il Riesame si esprima di nuovo»

La decisione della Cassazione

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Il Riesame di Catanzaro aveva detto che Antonio Pignataro non andava arrestato, ma il la Cassazione definisce il provvedimento illogico e dispone che il tribunale calabrese torni ad esprimersi sulla misura cautelare del bosso nocerino. Nei prossimi giorni il nuovo Riesame.

L’IPOTESI
Per la procura di Catanzaro, Pignataro avrebbe messo a disposizione la sua casa a Scalea per un summit del clan Tamarisco ed altri e avrebbe custodito i proventi dell’attività di narcotraffico (21.000 euro in contanti).

LA DECISIONE ILLOGICA
Lo stesso Tribunale del Riesame di Catanzaro, a febbraio scorso, aveva evidenziato l’esistenza del vincolo associativo per diversi indagati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, non così Pignataro: il 67enne pluripregiudicato nocerino, però, non era indagato per reati di droga.

Una decisione che per la Cassazione è manifestazione illogica perché il Riesame aveva sostenuto la sussistenza di elementi a carico del 49enne Domenico Tamarisco di Torre Annunziata (uno dei boss del clan Tamarisco-Nardiello nella città oplontina, più volte finito agli onori della cronaca giudiziaria, sempre per fatti legati agli stupefacenti) e sui propri stretti collaboratori per aver messo in piedi «una stabile struttura organizzata per l’acquisto e la vendita “all’ingrosso” di ingenti quantitativi» di cocaina e hashish; e che c’erano stati contatti confidenziali tra Pignataro con il 34enne Salvatore Maiorino di Nocera Inferiore e con Tamarisco.

Sempre a febbraio scorso, il Riesame richiamò l’incontro avvenuto l’11 ottobre del 2021 a casa di Pignataro a Scalea con il Tamarisco e il 51enne pregiudicato sardo Enrico Uda. Pignataro, grazie alle intercettazioni ambientali, sarebbe stato consapevole delle attività criminali «poste in essere dal Tamarisco e dal Maiorino».

In più il 10 marzo del 2022, Tamarisco conversando con Maiorino che ha appena riscosso dei crediti derivanti presumibilmente dall’attività di narcotraffico, e «rilevato che il giorno successivo il Maiorino aveva impegni tali da non consentire di portare al Tamarisco la somma, quest’ultimo gli dava disposizione di consegnare i proventi nelle mani di “zio Antonio” ovvero Pignataro Antonio, che pertanto li avrebbe custoditi». Nella stessa ordinanza di otto mesi fa si riconobbe la disponibilità di Pignataro nei confronti dell’associazione capeggiata da Tamarisco e una sua piena consapevolezza delle dinamiche delittuose.
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LA MOTIVAZIONE DELLA CASSAZIONE
Nonostante questo ragionamento, il giudici del tribunale del Riesame di Catanzaro annullarono la misura di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip ritenendo che quella di Pignataro fosse una mera disponibilità verso Tamarisco ma non avrebbe agevolato la gang, non avendo commesso i cosiddetti reati-fine (lo spaccio o Il traffico di stupefacenti).
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La Cassazione dopo l’udienza di giugno in modo netto e segnalando di essersi espressa sul tema già altre volte, ha evidenziato che «in materia di reati associativi, la commissione dei “reati-fine”, di qualunque tipo essa sia, non è necessaria né ai fini della configurabilità dell’associazione né ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione».

Ritenuta illogica la motivazione del Riesame, quindi, la decisione del secondo grado cautelare è stato annullato ed la Cassazione ha rinviato il caso Pignataro a nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.

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