Accolto il ricorso dei proprietari. Il Comune non si è costituito
Il Tar annulla l’ordinanza di abbattimento di opere abusive che sarebbero state realizzate a Villa Ravaschieri. Il provvedimento era stato emesso dal Comune di Roccapiemonte lo scorso 20 settembre 2023 a firma del dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale che richiamava, nell’atto, anche un precedente intervento dei carabinieri e della Procura risalente al 2019.
Per il Tar il Comune di Roccapiemonte, che non si è neppure costituito in giudizio, non poteva neppure emettere il provvedimento, annullato in quanto illegittimo. La competenza sarebbe stata della Soprintendenza dei beni artistici e architettonici.
Il Tar non entra nel merito degli abusi, non è l’organo deputato a farlo, ma solo sulla legittimità del provvedimento emesso dal Comune di Roccapiemonte. A costituirsi contro il ricorso di annullamento presentato dai proprietari della storica struttura tramite l’avocato Romolo Frasso, infatti, unicamente il Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno.
I Fatti
Sui presunti abusi a Villa Ravaschieri e sulla pesante ordinanza emessa dal Comune, il Tar di Salerno,
con sentenza n. 74/2024 , si è pronunciato accogliendo il ricorso ed annullando, in quanto illegittima, l’ordinanza di demolizione n.10 del 20 settembre 2023 emessa all’ufficio tecnico comunale.
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni dei proprietari dello storico complesso architettonico ed ha accolto il ricorso proposto dall’avv. Romolo Frasso.
In pratica, per il Tar l’ordinanza di demolizione e rimessione in ripristino emessa dal Comune di Roccapiemonte è totalmente Illegittima in quanto l’ente non era assolutamente deputato ad emetterla.
Villa Ravaschieri,infatti, è sottoposta a vincolo diretto come Bene Culturale di interesse particolarmente importante in virtù di appositi Decreti Ministeriali del 1999 e del 2002. Con propria ordinanza, il Comune di Roccapiemonte, aveva contestato la realizzazione di alcune opere interne, chiedendone l’abbattimento, pena, oltre ad una pesante ammenda, fino a 20 mila euro, perfino, in caso di mancata ottemperanza, l’acquisizione al patrimonio comunale.
Il Tar ha dichiarato l’assoluta incompetenza del Comune di Roccapiemonte ad adottare provvedimenti repressivi quali quello oggetto di ricorso, su immobili sottoposti a vincolo.
«… dall’art. 21 del Codice dei beni culturali-si legge nella sentenza-, in base al quale: “sono subordinati ad autorizzazione del Ministero: a) la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali”. Come già evidenziato dal precedente rappresentato dalla sentenza della Sezione n. 4224/2014, anche le disposizioni del T.U. dell’Edilizia risultano coerenti con il quadro generale innanzi descritto.
Invero, tale legge stabilisce un ordine di competenza e quella vincolistica culturale od artistica non rientra tra le competenze comunali e neppure regionali. In particolare, l’art. 27 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, comma 2, attribuisce in modo espresso ed esclusivo alla Soprintendenza la competenza ad adottare – sussistendone i presupposti – le ordinanze di demolizione e rimessione in pristino a fronte di interventi abusivamente realizzati su beni assoggettati a vincolo monumentale».
Sulla vicenda si dà anche per scontato che tutti i lavori siano stati eseguiti sotto la costante e alta vigilanza della Soprintendenza ed in assoluta e totale conformità alle direttive da essa impartite al fine del ripristino dell’originaria conformazione del fabbricato storico, così come argomentato all’avvocato di parte.
Cosa aveva contestato il Comune di Roccapiemonte?
I funzionari del Comune avevano riscontrato l’esecuzione di lavori interni non previsti dalla Scia, né contemplati nell’autorizzazione della Soprintendenza.
Dal confronto dello stato dei luoghi con gli elaborati grafici agli atti dell’ufficio tecnico del Comune di Roccapiemonte e quelli contrassegnati dal parere della Soprintendenza, erano emersi degli abusi – scriveva il Comune di Roccapiemonte nel provvedimento annullato-oltre allo “stato di abbandono delle camere al primo piano, utilizzate come depositi di materiali vari, mobili, ecc.”.
Visto che le opere oggetto dell’accertamento da parte dell’Ufficio tecnico comunale del 2019, così come riportato anche dagli atti della Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, risultavano eseguite in assenza del titolo abilitativo ed in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il Comune di Roccapiemonte ne aveva chiesto l’abbattimento immediato, minacciando addirittura l’acquisizione della struttura al patrimonio pubblico.
Sempre secondo l’avvocato di parte tutte le opere contestate consistevano in mere eliminazioni di elementi estranei all’organismo edilizio originario, che sono emersi durante la fase di restauro e risanamento conservativo, e per i quali la Soprintendenza ha, di volta in volta, impartito le proprie direttive, al fine di salvaguardare l’identità originaria dell’immobile.