Inchiesta di Catanzaro, i ruoli del boss Pignataro, di Lano e Busiello

I traffici di droga tra Scalea, Nocera, Roccapiemonte, Pagani e Scafati

«Don Antonio» sarebbe stato l’uomo di rispetto, l’anziano che nella sua casa di Scalea dove era al soggiorno obbligato, riceveva i soldi del provento del narcotraffico e li distribuiva agli altri e ospitava summit criminali. Il don Antonio sarebbe stato un nome di rilievo nel panorama camorristico di Nocera Inferiore, il 67enne Antonio Pignataro, uno dei responsabili dell’omicidio di Simonetta Lamberti, figlia del magistrato Alfonso Lamberti, a Cava de’ Tirreni, avvenuta con un agguato nel 1982.

In carcere, ieri mattina, i militari dei Nuclei di polizia economico finanziaria di Napoli e Salerno hanno condotto il boss nocerino sulla base di un’ordinanza del Gip di Catanzaro e con lui anche un’altra vecchia conoscenza, Gianluca Lano, 46enne di Pagani, ma residente a Roccapiemonte che avrebbe movimentato un chilo di cocaina, il 48enne Ivano Busiello, detto “Bro”, stabiese di nascita ma residente a Scafati e il 36enne Joisef Slimane di Praia a Mare, tutti accusati, tranne Lano, di far parte di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con base a Scalea e diretta i mercati di Pagani, Nocera e della zona a cavallo tra le province di Napoli e Salerno.

Lano è indagato solo per il traffico di un chilo di cocaina (da smerciare probabilmente a Pagani) e non per l’associazione, Busiello, invece, sia per aver fatto parte della gang e per aver ricevuto tre chili di “neve”.

La ricostruzione. Le indagini dei finanzieri e della Dda di Salerno hanno generato due filoni di inchiesta, una che ha portato ad una prima misura cautelare a giugno scorso ed un secondo, conclusosi con gli arresti in carcere di ieri mattina. L’inchiesta ruota attorno all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti capeggiata dal 50enne Domenico Tamarisco di Torre Annunziata, uno dei boss del clan Tamarisco-Nardiello nella città oplontina. Lo scorso giugno furono arrestati in quest’ambito anche il 42enne Patrizio Fiume della provincia di Napoli, il 39enne Luigi Vicidomini (‘o ‘taliano” oppure “’o russ”), il 35enne Salvatore Maiorino commerciante ambulante di Nocera Inferiore, e indagati calabresi e sardi.

L’inchiesta. L’attività investigativa dei militari dei tenenti colonnello Paolo Consiglio e Danilo Toma per il Pef di Napoli e Claudio Molinari per i colleghi di Salerno ha individuato il punto nodale dell’inchiesta in Domenico Tamarisco, sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza a Scalea. Qui avrebbe conosciuto esponenti criminali del Reggino per trattare ingenti quantità di cocaina (anche 200 chili) da trasferire in Campania, nell’Agro nocerino, nell’area oplontina e partenopea. Nonostante fosse obbligato a rimanere a Scalea, rientrava in Campania per gli incontri per parlare di droga. Salvatore Maiorino si sarebbero occupati del trasferimento dello stupefacente dalla Calabria al territorio campano. Del gruppo di Tamarisco avrebbero fatto parte anche Pignataro, Busiello e Slimane.

La comune residenza. Il centro dove si svolgevano gli affari del gruppo era Scalea, intorno al Parco Roma, dove c’era, incredibilmente, una concentrazione di personaggi note alle cronache inviati lì con tanto di provvedimenti dei tribunali (Pignataro e Tamarisco abitavano allo stesso civico). Il 50enne torrese e Busiello erano Scalea, come i nocerini Pignataro (nonostante fosse coinvolto in un processo per voto di scambio politico-mafioso nelle elezioni del 2017), Maiorino che lì si era trasferito da ambulante e Vicidomini. Da ricordare che quest’ultimo è residente a Nocera Inferiore e nei pressi della sua abitazione, a gennaio del 2022, esplose una potente bomba carta, anche se non ancora ricondotta a nessun obiettivo.

Va premesso che l’attenzione sul Pignataro si era accesa, però, già nel gennaio 2021, quando furono esplosi alcuni colpi di pistola contro casa sua a pochi passi dal tribunale di Nocera, e dove era ai domiciliari il figlio Alessandro: da questo episodio arrivano molte intercettazioni utili all’indagine dei finanzieri.
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Tamarisco con Maiorino e Pignataro si vedevano spesso a Scalea e parlavano con linguaggio criptico, trattando più volte di sostanze stupefacenti. Tamarisco e Maiorino avrebbero fatto riferimento al possesso di pistole, almeno due, di cui una sarebbe stata destinata ad Antonio (per il Gip non si esclude che possa trattarsi proprio di Pignataro): «Ad Antonio la 7 perché Antonio voleva la 7, quella è meglio perché non rimane niente. Se da sopra il balcone scoppiettea non rimane i bossoli». I due parlano anche del possesso di un fucile. In questo contesto emergono i contatti con Vicidomini.

Nell’ottobre del 2021 Pignataro ospitò a casa sua a Scalea un summit organizzato da Tamarisco con altri criminali. In un’altra occasione, Pignataro riceve un’ingente somma di denaro derivante dalla riscossione dei proventi illeciti dell’attività criminale del gruppo torrese per poi distribuirla ad altri. Le indagini continuano e non si escludono altri sviluppi.

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