L’uomo indagato dal 2019
Avrebbe perseguitato, secondo l’accusa, la moglie per anni, fino a costringerlo ad incontri protetti con i figli alla presenza degli assistenti sociali, ma il giudice lo ha assolto perché il fatto non sussiste. La vicenda che ha visto sotto inchiesta per anni un 43enne imbianchino di Pagani, accusato di atti persecutori in danno della moglie. Per C.P., queste le iniziali dell’imputato, il pm aveva chiesto una condanna a tre anni e otto mesi, mentre il difensore l’avvocato Giuseppe Fedele ne aveva chiesto l’assoluzione.
I fatti si sarebbero svolti tra il 2019 e il 2020, dove viveva la coppia prima di separarsi e dal cui matrimonio sono nati tre figli, tutti e tre alla data odierna ancora minorenni. L’imputato era accasato di aver ricoperto la moglie di improperi, minacce e averla perseguitata anche con telefonate e continui messaggi su WhatsApp e Facebook. Ci sarebbero state anche episodi di aggressione verbale e fisica nei confronti della compagna. C.P. è finito a processo anche perché avrebbe tempestato di messaggi uno dei figli affinché facesse riappacificare la madre con il padre, oltre che l’informasse sui suoi spostamenti.
Sempre secondo il capo di imputazione, l’uomo sarebbe andato a Poggiomarino, sotto casa di lei, citofonando insistentemente, pretendendo di entrare fino a costringere la donna a richiedere l’intervento dei carabinieri. Tutti fatti contestati con le aggravanti di averli commessi in presenza dei figli minori della coppia e di essere il coniuge della vittima, anche se separato.
Il giudice del tribunale di Torre Annunziata ha emesso la sentenza di assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Il pm potrà presentare ricorso in appello per un processo di secondo grado.