Prima condanna per l’omicidio di Ciro Palmieri: 16 anni al figlio minorenne

Il Pm aveva chiesto una pena in abbreviato a 22 anni

Avrebbe accoltellato al petto il padre al culmine di una lite nella quale parteciparono anche la madre e uno dei fratelli maggiorenni. Condannato a 16 anni di reclusione, in abbreviato, il figlio minorenne (17 anni) per l’omicidio di Ciro Palmieri, il 43enne panettiere di Salerno, residente con la sua famiglia nella frazione di Curticelle di Giffoni Valle Piana. Intanto, prosegue il processo per la mamma del ragazzo, Monica Milite e per il 18enne figlio Massimiliano, sotto processo davanti alla corte d’Assise di Salerno.

LE INDAGINI
Il 43enne panettiere originario del quartiere Carmine fu ucciso nella sua abitazione di via Marano, nella frazione Curticelle, a Giffoni Valle Piana, 30 luglio dello scorso anni. Il corpo fu mutilato e poi gettato in un’impervia area di montagna. Ritrovato quasi un mese dopo in parte mutilato. I maggiorenni sono sotto giudizio immediato, anche loro imputati di omicidio volontario, vilipendio e distruzione di cadavere.
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Sulla tragedia nella frazione giffonesi indagarono i carabinieri della stazione locale e della compagnia di Battipaglia. Gli investigatori ricostruirono nel dettaglio l’assassinio grazie alle registrazioni delle telecamere di videosorveglianza presenti in casa, nonostante la cancellazione delle immagini, grazie al lavoro degli esperti che riuscirono a recuperare i frame che svelarono l’omicidio.

L’ASSASSINIO

In base alla ricostruzione della Procura, al culmine di una lite, Palmieri lanciò del liquido da una bottiglia all’indirizzo della moglie. La donna prese una scopa e cercò di colpire il marito che, nel frattempo, venne bloccato dai due figli: in quei frangenti la donna afferrò un coltello da cucina e, approfittando della distrazione dell’uomo occupato a parare i colpi dei ragazzi, lo accoltellò più volte alle spalle. Il figlio maggiorenne gli strinse poi il braccio intorno al collo, come per soffocarlo, mentre il fratellino minore prese un altro coltello dalla dispensa della cucina e colpì il padre più volte al petto.

Il minore si allontanò, dirigendosi verso la sua cameretta dove abbandonò sul suo letto l’arma utilizzata. Poi tornò in cucina e, preso un altro coltello, scagliò altre tre coltellate al fianco sinistro mentre la madre e il fratello si accanivano sull’uomo ormai esanime. Dettagliate anche le fasi successive, quelle dell’occultamento del cadavere. A organizzare il tutto fu la Milite che fece inviare al figlio minore un messaggio whatsapp al cellulare del padre, così da rendere più credibile la denuncia di scomparsa presentata poco dopo. Il cadavere del panettiere fu avvolto alcune buste di plastica di colore nero, sigillate col nastro da imballaggio.

Il sacco, poco dopo, fu riaperto: Massimiliano Palmieri colpì più volte con un machete la gamba destra del padre per staccarla dal resto del corpo. Dopo la mutilazione, il cadavere fu rimesso negli stessi sacconi e trascinato nel bagagliaio dell’auto della moglie della vittima: da lì, poi, tutti e tre lo portarono in un’area impervia lungo la strada provinciale 25, per disfarsi del cadavere, ritrovato soltanto molte settimane dopo.

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