La richiesta della dichiarazione presunta fa tornare gli orologi della storia agli anni Ottanta, quando la Nuova Famiglia di Carmine Alfieri, attraverso “Peppe Saccone” aveva sconfitto Cutolo e imperava a Pagani e non solo
Lo avrebbe fatto uccidere il cugino Peppe Saccone, al secolo Giuseppe Olivieri, e poi il corpo da oltre trent’anni è introvabile. Giovanni Pepe sarebbe stato uno dei casi di lupara bianca sul finire degli anni Ottanta. Una storia che sembrava sepolta nella storia della criminalità paganese essendo morti nel frattempo anche presunti assassini e collaboratori di giustizia. Ma ora, un familiare riapre quel libro e ha avanzato richiesta di morte presunta al tribunale di Nocera Inferiore: se non arriveranno segnalazioni da parte di conoscenti, Giovanni Pepe, classe 1946, sarà dichiarato ufficialmente morto.
PEPPE SACCONE E I SUOI ACCOLITI
“Pinocchio”, come veniva all’epoca soprannominato, Pepe, si trovò nel bel mezzo delle guerre di camorra e delle faide della Pagani, anzi dell’Agro nocerino anni Ottanta. Cugino del paganese Giuseppe Olivieri di Pagani, “Peppe Saccone”, lo aveva visto assurgere a boss della città. “Saccone” era l’unico criminale a non aver aderito alla Nco di Raffaele Cutolo a Pagani e quindi, con la sconfitta per mano della Nuova Famiglia di Carmine Alfieri, era diventato il criminale di riferimento in città.
I cutoliani o furono uccisi (se al “tribunale” di Saccone” risultavano colpevoli di gravi sgarri) o furono riammessi nella camorra dopo un periodo di purgatorio. Per lui e i suoi uomini, come raccontarono i collaboratori di giustizia negli anni Novanta, fu una corsa a fare piazza pulita dei perdenti, in alcuni casi prima rassicurandoli di passare con i vincenti e poi uccidendoli dopo qualche mese, in altri procedendo in breve tempo agli omicidi. In pochi furono “perdonati”.
LA SCOMPARSA DI PEPE
“Peppe Saccone” riteneva che il cugino “Pinocchio” lo invidiasse per la sua scelta criminale, essendo lui più piccolo e introdotto nella criminalità proprio da Pepe (attraverso un furto di poco conto). Inoltre, sempre secondo, “Saccone”, Pepe avrebbe offerto appoggio logistico agli assassini che entrarono in azione a piazza Marti d’Ungheria (“giù alla Cappella”), a Pagani per uccidere Aniello Olivieri, fratello di Giuseppe, e quindi anch’egli cugino di “Pinocchio”. La sentenza di morte fu emessa: Pepe doveva essere ucciso, ma Saccone sospesa quella decisione per evitare che la mamma del condannato fosse colpita dal dolore, essendo sua zia e sorella del padre degli Olivieri.
Come accade spesso nel mondo criminale, attendersi da queste persone, che non hanno né onore né sentimenti, il rispetto dei familiari è vana speranza e certamente non hanno scrupoli verso nessuno, come non li avrebbe avuto nemmeno la presunta vittima. All’improvviso, le cose precipitarono. Saccone che era al soggiorno obbligato a Maiori e non poteva entrare a Pagani per ordinanza dell’Autorità giudiziaria, avrebbe dato ordine di uccidere il cugino, nonostante la zia fosse ancora in vita, venendo facilmente meno a una sua stessa decisione, contrabandata come un gesto di clemenza temporanea da grande uomo, quando in realtà era un’operazione propagandistica per darsi la “posata” da capo.
IL PRESUNTO OMICIDIO DI PEPE
“Bruno ‘o Luong” (Bruno De Vivo), altro criminale degli anni Novanta di Pagani, “Saccone” aveva fretta di uccidere il cugino, come di mettere a segno altri omicidi. Sarebbe stato fatto convocare dal nocerino Mario Pepe (che poi sarà artefice negli anni Novanta di un altro progetto criminale), in un capannone di via Michelangelo Buonarroti a San Lorenzo di Sant’Egidio del Monte Albino. Qui c’era una sorta di ufficio di Saccone. Ma non si trattava di uno scambio di chiacchiere, ma di una trappola.
Pepe sarebbe stato portato a viva forza tra Nocera Superiore e Cava de’ Tirreni: dopo avergli fatto scavare la fossa in un terreno sotto Montalbino, sarebbe stato ucciso. Secondo altri collaboratori di giustizia, invece, sarebbe stato ammazzato e seppellito a Sant’Egidio del Monte Albino: la polizia fece effettuare uno scavo, ma senza trovare nulla. All’epoca si disse perché, la criminalità, per minare la credibilità delle dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia, aveva fatto spostare i cadaveri seppelliti.
IL CONTESTO
Grazie a personaggi come Saccone ed altri, si creò un clima e un’immagine deleteria dell’Agro nocerino, che ancora oggi pesa, mentre eccita le menti di giovani criminali. Criminali di ieri come di oggi spesso simile, con una forte propensione a raggrupparsi in clan, con alleanze con quelli del Napoletano, anche se oggi, i malviventi non sono così facili all’omicidio, comprendendone le ripercussioni.
Queste persone, ieri come oggi, alla fine hanno fatto una vita realmente mediocre: criminali per una quindicina di anni, in pochissimi sono assurti al ruolo di boss per qualche anno, venendo quasi sempre uccisi da altri che ne volevano prendere il posto o seppelliti nelle carceri. A fronte di pochi anni di vita buona, se così si può dire, molti sono stati ammazzati o hanno trascorso decenni e decenni in carcere: alla fine più che la qualifica di uomini di rispetto e perfino di boss, meritano quella di fessi, per ammazzato una comunità i grande valore e loro stessi.
Foto di copertina piazza Martiri d’Ungheria a Pagani