Lo scontro tra i due comuni
Il lungo braccio di ferro tra Pagani e Sant’Egidio del Monte Albino per la zona contesa, un’area al foglio 4 della mappa catastale ai confini tra i due comuni, ad eccezione di località Taurano, aveva visto prevalere la comunità santegidiese.
La delibera del Consiglio provinciale n. 131 del 4 dicembre 2019, la zona contesa viene assegnata a Sant’Egidio. Con successiva delibera n. 151 del 18 dicembre 2019, il Consiglio provinciale di Salerno ha precisato che quella precedente la delibera di modifica dei rispettivi territori dei due comuni è stata adottata ai sensi dell’art. 13 della legge della Regione Campania 29 ottobre 1974, n. 54 secondo cui «qualora il confine tra due o più Comuni risulti non delimitato da segni naturali facilmente riconoscibili o comunque dia luogo ad incertezze, i Comuni interessati possono disporre la determinazione o, all’occorrenza, la rettifica dei confini mediante accordo.
Ove i Comuni interessati non si accordino sulle modalità della determinazione o della rettifica da effettuare, la determinazione o la rettifica è effettuata, per delega della Regione, dalla Provincia competente per territorio, la quale provvede di ufficio o su richiesta di uno dei Comuni, esaminate le osservazioni degli altri, con delibera del Consiglio».
LE RAGIONI DI SANT’EGIDIO E DELLA PROVINCIA DI SALERNO
Il Consiglio provinciale ha riconosciuto, nonostante la delimitazione catastale a favore di Pagani, i confini tra i due comuni, che per 200 anni la gestione amministrativa dei territori contestati era sempre stata svolta da Sant’Egidio, con un possesso risalente nel tempo, pacifico e incontestato.
LE RAGIONI DI PAGANI
Il Comune di Pagani ha impugnato le delibere della Provincia davanti al Tar che con la sentenza 9 febbraio 2021, n. 344 gli ha accolto, annullando i provvedimenti impugnati: era illegittimo rideterminare i confini tra i due comuni prescindendo dalle chiare evidenze catastali disponibili, essendo motivata esclusivamente con il richiamo «alle documentazioni storiche addotte dai due Enti», alla «consistenza e modalità di erogazione dei servizi alla cittadinanza» e alle «risultanze dei ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno».
Secondo il Tar, i confini dei comuni limitrofi debbono essere «accertati sulla base dei dati catastali più recenti e, per determinare i confini tra comuni, fanno fede i dati catastali più recenti del Nuovo Catasto Terreni rispetto ad ogni altra prova documentale né possono assumere rilievo, a fini probatori, altri fatti o circostanze, anche assai risalenti nel tempo, quali quelli invocati dalla Provincia o da Sant’Egidio al Monte Albino. Insomma, non bastava pulire la strade, pagare l’illuminazione pubblica o riscuotere le tasse e i tributi per dire che un territorio era santegidiese.
IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO
Il Comune di Sant’Egidio al Monte Albino e la Provincia di Salerno non ci stanno e ricorrono a Palazzo Spada. La sentenza del Consiglio di Stato ha ritenuto non sussistente il motivo di appello secondo il quale il dato catastale che dava ragione a Pagani sarebbe frutto di un accertato “errore storico”, derivante da un’inesatta interpretazione del dato geografico sin dall’istituzione del catasto napoleonico.
Le risultanze catastali risalirebbero al 1809, ripreso solo graficamente all’atto dell’istituzione del Catasto del Regno d’Italia, avvenuta nel 1934, quando, il Comune di Sant’Egidio era aggregato al Comune di Angri (ridiventò Comune autonomo nel 1946). Gli appellati avevano hanno ricordato che nei censimento del 1901 e del 2011, l’area contestata è assegnata a Sant’Egidio del Monte Albino, in più, servizi pubblici essenziali, compresa l’anagrafe della popolazione, il rilascio delle autorizzazioni e dei permessi di costruire e altro, tutti gestiti, nella zona in questione, dal Comune di Sant’Egidio del Monte Albino. Il Comune di Pagani, inoltre, non avrebbe mai svolto alcuna attività, né intrapreso alcuna iniziativa per subentrare nella gestione amministrativa, limitandosi dopo il 2006 (e per solo esigenze tributarie) a sollevare la questione, non producendo alcun elemento probatorio, oltre quello catastale. Insomma per Sant’Egidio e la Provincia i dati storici e i servizi erogati sfavoriscono Pagani.
Ed ancora, la prova documentale della presenza di un possesso “antico, univoco e pacifico” della massima parte della zona contesa che arriva fino all’attualità, anche attraverso l’esercizio delle funzioni e dei poteri amministrativi da parte del Comune di Sant’Egidio del Monte Albino, per un arco di circa 200 anni (1809-2006), senza contestazioni.
LA SENTENZA DEFINITIVA
Il Consiglio di Stato si è rifatto alla giurisprudenza della Corte costituzionale che ha precisato come occorra distinguere tra l’attività amministrativa diretta all’accertamento dei confini tra i comuni e le modifiche alle loro circoscrizioni.
La prima, in base da un Regio decreto, non comporta alcun intervento costitutivo o modificativo dei confini contestati, e anche le eventuali azioni giurisdizionali hanno un oggetto di puro accertamento e natura meramente ricognitoria, in quanto non si domanda una modificazione del confine, ma un accertamento di esso, senza che si deduca un conflitto fra i rispettivi titoli del dominium, bensì un contrasto d’interpretazione del contenuto dei medesimi.
In conseguenza della natura meramente cognitoria dell’azione di contestazione dei confini, la giurisdizione di “merito” del giudice amministrativo non riguarda l’opportunità, ma il pieno accertamento dei fatti.
Le modifiche territoriali delle circoscrizioni provinciali e comunali sono invece regolate dall’art. 133 della Costituzione (non basta il semplice accertamento del preesistente confine). Alla fine, l’incertezza sulla individuazione dei confini non sussiste, essendo questi chiaramente evincibili dalle risultanze catastali (come bene ha evidenziato il primo giudice). Insomma, ha “ragione Pagani”.