Il calciomercato è ormai cosa per pochi, l’Italia non fa parte del “mondo che conta”

La Salernitana non ne approfitta, così non si può equiparare all’Atalanta

Qualcuno direbbe che «siamo alle solite». Beh, in parte è vero ma, in gran parte no. Le squadre di calcio, soprattutto italiane, si sono sempre ridotte agli ultimi giorni di mercato per completare la rosa o per piazzare il colpo ad effetto, anche se questa volta il tempo perso non sembra una scelta, ma una dura e inevitabile realtà. Il calcio italiano è sull’orlo di una crisi senza precedenti: le compagini più blasonate sono economicamente ridotte all’osso, mentre quello arabo, come un avvoltoio, svolazza sulle ceneri del nostro campionato, sferrando colpi a sorpresa che destabilizzano i presidenti e ammaliano i calciatori. Calciatori ormai atleti e nulla più, mercenari che giustamente pensano al proprio futuro in quanto consapevoli che in Italia vinceranno difficilmente un trofeo importante.

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LA CRISI ITALIANA
L’Inghilterra e la Spagna prima per blasone e l’Arabia poi per contratti stratosferici fanno sì che il calcio italiano non abbia più appeal. Ma perché siamo arrivati a questo? I presidenti si lamentano di essere schiavi dei procuratori e di soccombere ad un mercato in cui non hanno più concorrenza semplicemente perché non si può avere concorrenza con campionati che sembrano appartenere ad un’altra categoria. Il dispendio economico degli ultimi vent’anni, la ricerca del colpo ad effetto per infiammare i tifosi e vendere qualche maglietta in più (il Ronaldo di turno ad esempio) ha fatto sì che non si investisse o quasi sul settore giovanile. In sostanza, l’Italia non vende, compra soltanto. Raramente una squadra italiana riesce a piazzare un giocatore in campionati esteri ricavandone un grande profitto, ma puntualmente va a ripianare le casse depredate da una gestione scellerata.

In un momento in cui comprare è diventato pressoché impossibile, ecco che le compagini italiane più blasonate perdono di valore ed iniziano a puntare su calciatori semisconosciuti o su scommesse ma impossibilitati di fare una programmazione atta a vincere in Europa. Quel che è peggio è che il trend non si fermerà, anzi. Si andrà sempre peggio e se anche si capisse come colmare il gap con il resto del mondo che conta, ci vorranno almeno altri vent’anni e di conseguenza lo scenario odierno è solo il preludio di qualcosa di gran lunga peggiore.

I GRANATA
La Salernitana, ovviamente, non è esente da tutto questo, ma aveva un vantaggio sulle compagini che la precedono che non ha valutato. Ci sono ad esempio prime punte in giro capaci di segnare 15/20 goal nei loro campionati ad un costo relativamente basso. Calciatori che se l’Inter o la Juve li acquistassero puntando su di loro un’intera stagione, scatenerebbero il malcontento dei tifosi.

La Salernitana, invece, essendo ancora relativamente una matricola, potrebbe accaparrarseli e magari poi registrare plusvalenze come accaduto con Dia: le squadre di appartenenza chiedono 10/15 milioni, ma i Granata sono fermi. Presidente Iervolino, così non va! Non si può pretendere di sperare di trovare un buon calciatore con soli prestiti o sperare di fare l’affare dell’anno quando allo stesso triste tavolo sono sedute anche compagini del calibro di Inter, Juve, Napoli.

SIC STANTIBUS REBUS
È vero, la Salernitana si salverà perché come detto prima, il calcio italiano è scadente, ma se davvero i proclami di crescita fossero verità, non ci sarebbe stato momento più proficuo per spendere cifre abbordabili da una società che decanta tanta stabilità e prosperità. Altro che l’Atlanta del Sud, la Salernitana è ben lontana dall’organizzazione, dal procedere e dagli obiettivi bergamaschi: non bastano le parole per paragonarsi.
Fabio Falcone

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