Una foto dell’archivio dell’Archeoclub sembra proprio risolvere il mistero
Sembra svelato il mistero delle ossa ritrovate all’interno di San Giovanni in Parco. Il fatto aveva suscitato nei giorni scorsi tanti dubbi e timori (infondati) su chissà quali delitti si fossero consumati tra le mura dell’ex complesso verginiano.
Se non bastasse erano cominciate a circolare ipotesi tra le più svariate. La notizia, accolta con scalpore sui social, ha investito anche le autorità civili e giudiziarie che per chiarire i fatti si sono messe subito a investigare. Le ossa erano conservate in un classico cassettino da cimitero ed è proprio il contenitore che ha stuzzicato la fantasia di molti cittadini. La teoria più gettonata è che si trattasse di un oggetto funzionale a dei riti satanici.
Dall’archivio dell’Archeoclub Nuceria Alfaterna, però, è saltata fuori una foto che in parte chiarisce il mistero. Si tratta di due scatti, realizzati dal compianto Massimo Ferrara (socio dell’Archeoclub e fotografo di professione), risalenti ai primi anni ’90 che mostrano l’interno della chiesa di San Giovanni in Parco (di cui resta solo l’abside) e i residui del magnifico pavimento settecentesco in maiolica.
Osservando le immagini balza immediatamente agli occhi la presenza del cassettino con le ossa posto nella parte bassa di un piccolo altare votivo. Nel piano superiore, poi, vi sono le immagini di alcuni defunti cui potrebbero appartenere i resti custoditi nella teca. Confrontando queste foto con quelle scattate di recente, appare chiaro che si tratta dello stesso cassettino ripreso da Massimo Ferrara quando la chiesa era ancora utilizzata dalle famiglie che ne detenevano il possesso.
L’aula, attualmente, è ormai disadorna, ma si riconosce il crocifisso collocato sul pilastro e il cassettino poco distante dalla sua ubicazione originaria. Dunque, è plausibile che sia stato dimenticato lì durante le operazioni di svuotamento della chiesa prima dei recenti interventi di consolidamento. Nel 1807, quando il monastero fu soppresso, l’edificio fu acquistato da Costantino Amato, padre del letterato Saverio Costantino, ed è stato abitato da varie famiglie fino a prima del terremoto degli anni ’80.
A questo punto, per comprendere a chi appartengano i resti ossei, basterebbe risalire agli ultimi proprietari della chiesa o, eventualmente, riconoscere le immagini poste sull’altarino. Le fotografie fornite da Antonio Pecoraro, presidente onorario dell’Archeoclub Nuceria Alfaterna, rappresentano solo una parte del materiale custodito per conto dell’associazione e sono il frutto della lunga attività documentaria del sodalizio nel corso dell’ultimo cinquantennio.
Una miniera d’oro, soprattutto quando si tratta di beni ormai irrimediabilmente distrutti o modificati nella loro forma originaria. La vicenda, grottesca e tinta di giallo, consente anche di accendere i riflettori su S. Giovanni in Parco i cui lavori di recupero sono fermi da oltre un decennio. Una struttura, incastonata nel verde della pendice occidentale della collina di S. Andrea, che meriterebbe maggiore attenzione e sul cui futuro occorrerebbe fare chiarezza.