Una lunga vicenda giudiziaria ha trovato il suo epilogo
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello della Savastano Elettrostrade s.n.c. nella lunga controversia con il Comune di Nocera Inferiore per la gestione delle lampade votive del cimitero. Il collegio di secondo grado ha condannato la ditta al pagamento, nei confronti del Comune di Nocera Inferiore, delle spese del giudizio, 3.000 euro, oltre accessori, se per legge dovuti.
UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO
Il 19 ottobre 1963 fu stipulato, tra la ditta “Savastano Mario” e il Comune di Nocera Inferiore, un contratto denominato “appalto” avente ad oggetto la fornitura di energia elettrica e la gestione delle lampade votive nel locale cimitero. L’art. XII del capitolato speciale disponeva che “allo scadere di ogni biennio è prevista (…) la revisione dei canoni relativi agli abbonamenti per lampade perenni o perpetue ed occasionali”; solo nell’anno 1982 le parti si accordavano sull’unica revisione del prezzo, sulla scorta della delibera di Giunta n. 90 del 13 gennaio 1982.
Successivamente, malgrado i solleciti rivolti all’Amministrazione dalla parte ricorrente – da ultimo nel 2015 – ai fini dell’applicazione del meccanismo revisionale, nessun concreto riscontro è stato dato dal Comune di Nocera Inferiore.
Il contratto scade il 14 dicembre 2013. Con nota dell’11 dicembre 2014 la società ha diffidata ancora una volta il Comune affinché adeguasse il canone ai fini del legale ristoro per il servizio effettuato, reiterando la richiesta in data 9 marzo 2015, con l’avvertenza che sarebbe stata adita l’autorità giudiziaria.
IL CONTENZIOSO
Rimaste prive di riscontro le richieste, la Società proponeva ricorso innanzi al Tar per la Campania, denunciando la violazione dell’art. XII del capitolato speciale di appalto e dell’art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, chiedendo l’accertamento del diritto alla revisione del corrispettivo relativo al contratto di appalto del 1963 per la fornitura di energia elettrica e per la gestione delle lampade votive nel locale cimitero; l’accertamento dell’obbligo del Comune di concedere la revisione dei canoni relativi al menzionato contratto, e la conseguente condanna dell’amministrazione comunale al pagamento del credito vantato dalla società ricorrente.
Il Comune di Nocera Inferiore, invece, ha chiesto alla ditta il rimborso del costo relativo a una cabina Enel, la realizzazione della quale era, secondo le previsioni contrattuali, a carico della società e che invece aveva curato direttamente l’amministrazione e ha chiesto la nullità del rapporto.
Il Tar, nel 2016, respinse il ricorso principale e dichiarò improcedibile la domanda riconvenzionale del Comune, ritenendo che la convenzione stipulata tra le parti non prevedeva alcun diretto obbligo remunerativo a carico dell’amministrazione concedente a fronte del servizio espletato dalla concessionaria, ma individuava esclusivamente nei canoni corrisposti dagli utenti del servizio la fonte di finanziamento di quest’ultima.
Il Tar sottolineò che il secondo comma dell’articolo XII, disponeva che “in ogni caso la revisione dei canoni avrà efficacia dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda”, ragione per cui, essendo ormai cessati i rapporti della società ricorrente con il Comune di Nocera Inferiore, risultava venuta meno anche la legittimazione della società a chiedere il pagamento dei canoni da parte degli abbonati previa revisione dei medesimi. Il TAR accertava, inoltre, l’estraneità al giudizio di qualsiasi domanda risarcitoria.
IL RICORSO IN APPELLO
La sentenza del Tar fu appellata dalla società Savastano Elettrostrade s.n.c., ma il Consiglio di Stato ha dichiarato infondato l’appello della ditta, integrando la motivazione del Tribunale amministrativo. Il Collegio ha rienuto che quanto detto dal giudice di primo grado era giusto. “Il punto che sfugge alla società appellante – si legge nella sentenza – è che nel caso di specie la revisione sarebbe andata ad incidere non su un corrispettivo dovuto dal Comune alla appellante, a fronte dei servizi prestati, bensì sul canone dovuto dagli utenti, alla Savastano, e ciò in coerenza con la struttura del rapporto, caratterizzato dal trasferimento a carico della Savastano dell’alea inerente la gestione del servizio”.
Al punto XVI del Capitolato speciale era previsto, infatti, che tramite “contratto debitamente sottoscritto dal privato richiedente” sarebbero state stabilite “Le condizioni ed i canoni di abbonamento attinenti la somministrazione di lampade votive nel locale cimitero”, da parte della ditta Savastano e dal Comune.
Inoltre “Il canone mensile di abbonamento per ciascuna lampadina votiva perpetua e perenne, costituita da una lampadina da cinque watt, è stabilita in lire duecentotrenta…comprensive di spesa per fornitura di energia, per tasse ed imposte di ogni genere, per manutenzione dell’impianto, per ricambio lampadine nonché di quota a beneficio del Comun in ordine a quanto stabilito dall’art. II comma primo. Resta escluso dal cennato canone l’I.C.E. e qualsiasi tributo esistente che peraltro farà carico all’utente”.
Al punto VI del capitolato erano elencati gli obblighi della Savastano, che in sostanza si compendiavano nella realizzazione dell’intero impianto necessario a portare l’elettricità all’interno del cimitero e fino ai loculi, e nella fornitura, agli utenti delle lampadine elettriche, il tutto a cura e spese e con esclusivo rischio della concessionaria.
Al punto II era stato specificato, inoltre, che la quest’ultima avrebbe corrisposto al Comune 5 lire al mese per ogni lampadina installata, oltre alla fornitura annuale di un numero di lampadine votive variabile da un minimo di 50 a un massimo di 150. Nessuna obbligazione era invece prevista a carico dell’amministrazione concedente, se non quella di consentire alla Savastano di esercitare l’attività.
LA DECISIONE
È dunque evidente, per i giudici, che la revisione del canone degli abbonamenti non si sarebbe tradotta nell’obbligo del Comune di corrispondere il relativo importo, bensì nel diritto della Savastano di chiedere agli utenti di pagare il canone maggiorato a seguito della revisione, costituendo detto canone la fonte di reddito per l’appellante. In questo contesto era onere della società appellante richiedere all’Amministrazione comunale la revisione dei canoni, provvedendo all’occorrenza, cioè in caso di disinteresse o di atteggiamento ostruzionistico del Comune, ad attivare i mezzi di tutela giurisdizionale del caso, onde pervenire ad una deliberazione dell’amministrazione che autorizzasse la revisione del canone posto a carico degli utenti. Le doglianze della ditta vanno respinte anche rispetto ad altro.
“A fronte del testo contrattuale – si legge nella sentenza -, è da escludersi che la Savastano potesse pretendere il pagamento di qualsivoglia compenso, anche a titolo di revisione, direttamente dal Comune. Pertanto la domanda di accertamento formulata dalla appellante (la ditta, ndr) è infondata nel merito, prima ancora che inammissibile per difetto di interesse o di legittimazione”.
Ed ancora, la Savastano ha lamenta che il giudice di primo grado avrebbe travisato le richieste della società ritenendo estranea al giudizio quella risarcitoria: “tale richiesta, al contrario, emergeva chiaramente nel ricorso, ove si specificava che “Il rapporto contrattuale, per come si è concretamente svolto, ha danneggiato la società poiché, come visto, nonostante i ripetuti solleciti da parte di quest’ultima, in oltre trent’anni il canone non è mai stato aggiornato”.
Il Consiglio di Stato specifica: “Dunque, anche a volersi ammettere che vi sia stato, da parte del Comune, un atteggiamento ostruzionistico sulla richiesta di revisione, la Savastano avrebbe dovuto articolare in modo chiaro e, dipoi, istruire in maniera rigorosa una domanda risarcitoria, chiarendo, tra l’altro la causa petendi di tale domanda. Tale domanda – si ribadisce – non può dirsi implicita nel ricorso di primo grado, laddove la ricorrente ha fatto solo un fugace riferimento al fatto di essere stata danneggiata dal mancato aggiornamento del canone, chiedendo però solo l’accertamento del diritto alla revisione del corrispettivo e la condanna del Comune di Nocera Inferiore alla revisione dei canoni e al pagamento del credito”.
Respinti anche altri motivi di appello da parte della ditta come del risarcimento circa “il rapporto contrattuale, per come si è concretamente svolto, ha danneggiato la società” ed altro.
IL RISPARMIO PER IL COMUNE DI NOCERA INFERIORE
La decisione del Comune di Nocera Inferiore, all’epoca guidata dal sindaco Manlio Torquato, ha consentito di risparmiare ben nove milioni di euro oltre che di mettere finalmente la parola fine ad una vicenda importante e negativa per il Comune.