Criminalità, il colonnello Trombetti sottolinea le differenze nel Salernitano

L’analisi del colonnello comandante provinciale dei carabinieri: la situazione nell’Agro nocerino, il pericolo a Salerno, i rapporti nella Piana del Sele e nel Cilento.

Il colonnello Gianluca Trombetti, comandante provinciale dei carabinieri a Salerno, traccia una quadro della situazione criminale in provincia di Salerno. Al termine dei tre anni del suo comando, oggi ha salutato i rappresentanti della stampa e ha fatto un bilancio di questo triennio nel Salernitano, una delle province più grandi e diversificate in Italia.

Colonnello, in questi tre anni lei ha scattato una fotografia della criminalità in provincia di Salerno, partendo dall’Agro nocerino
«In questa area della provincia operano associazioni criminali fortemente radicate sul territorio che hanno una loro autonomia, ma capaci di stringere alleanze con la camorra del Napoletano, con una forte pervasività in diversi settori della società. Un’area complessa, dove l’Arma ha attivo il Reparto territoriale di Nocera Inferiore, numericamente il più corposo d’Italia».

Nell’Agro nocerino tante indagini di rilievo quale sottolineerebbe?
«Sono tante le indagini di rilievo che abbiamo portato a termine grazie alla coesione e alla professionalità dei reparti e un rapporto di grande collaborazione con la magistratura e le altre forze di polizia in tutta la provincia di Salerno. Nell’area nord, forse una tra quelle più importanti, come quella sul Gaming on line e il ruolo dei Cirillo, che ha scoperto un giro di affari illegali di circa cinque miliardi di euro realizzato da un’organizzazione che operava a livello internazionale, con il riciclaggio di miliardi di euro. Poi c’è quella contro la criminalità Scafatese dei Buonocore e tante altre».

E la Piana del Sele?
«La situazione è diversa da quella dell’Agro nocerino, comunque ci sono delle forme di controllo criminale del territorio che risentono anche loro dell’influenza dei gruppi criminali della provincia di Napoli».

La situazione del Cilento, che sembra un’isola dorata, ma non sembra non essere tale…
«Nel Cilento il tessuto locale è molto sano, ma minacciato criminalità proveniente da altre zone della Campania e non solo che punta molto sul riciclaggio, specie investendo nel settore turistico, e nei reati ambientali. Una criminalità che non ha interesse ad attivare strategie e traffici come in altre zone della provincia. Per combattere questo tipo di criminalità l’istituzione del Reparto territoriale di Vallo della Lucania, con un rafforzamento sia delle unità di pronto intervento sia degli apparati investigativi».

E Salerno, la tranquilla Salerno che certamente non è una città in questi termini…
«I reati di allarme sociale sono in maniere inferiore rispetto ad altri centri, la sicurezza c’è. Gli stupefacenti sono diffusi, ma ormai lo sono anche nei piccoli centri. A Salerno c’è, però, una notevole fluidità finanziaria, tanti interessi economici che potrebbero lasciare la porta aperta al riciclaggio. Una realtà che va monitorata costantemente. Tra le tante operazioni quella contro il gruppo Stellato a Salerno, il sequestro di centinaia di chili di cocaina al porto, con la soddisfazione di aver tolto dalla strada tanta di quella droga che avrebbe distrutto la vita di centinaia di persone».

L’operazione più importante è El Fakir?
«Senza quella indagine Salerno probabilmente sarebbe potuta diventare uno dei principali hub della cocaina in Europa, con un accordo tra broker napoletani, criminali di Salerno, importanti organizzazioni di narcotrafficanti sudamericani e albanesi: un salto di qualità criminale enorme che abbiamo bloccato .

Il momento più bello a Salerno?
«La reazione di una bambina di circa tre anni che grazie ai miei uomini era stata sottratta ad un ambiente di droga e prostituzione nella quale viveva e posta in comunità: quando vide arrivare me e i miei uomini volle venire in braccio. Non esiste forse medaglia più importante di questa».

E quello più brutto?
«La morte di Covid del luogotenente Raffaele Palestra: non abbiamo potuto fare i funerali che avrebbe meritato, ma solo con un veloce passaggio della sua bara in caserma, senza neanche i familiari a seguito, perché anche loro affetti dal coronavirus».

Colonnello, una soddisfazione particolare?
«La soddisfazione e il piacere di avere avuto rapporti eccellenti con la magistratura, le altre forze dell’ordine, con un prefetto illuminato come il prefetto Francesco Russo, e la stampa. A questo si aggiunge quello di aver attrezzato quattro sale per trattare i casi vulnerabili e di particolare fragilità, da codice rosso. Un pensiero va anche alla tragedia di Anna Borsa a Pontecagnano e quello che casi come quelli devono insegnare».

Non dica che non ha rimpianti…
«Quello professionale di non chiudere indagini che ho avviato, ma ci saranno altri che lo faranno, come accade nel nostro lavoro periodicamente».

Dove andrà adesso?
«Da lunedì sarò a Capo ufficio armamenti, equipaggiamenti speciali e materiali per la telematica al comando generale dell’Arma, ma porterò sempre questi anni a Salerno nel cuore».

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