Prodotti buonissimi e alta redditività, ma la coltivazione di questo frutto meraviglioso è poco diffusa e l’area di produzione è sotto attacco
Sono tra i prodotti più buoni coltivati nell’Agro nocerino e, purtroppo, sono in estinzione, pur garantendo un notevole ritorno economico nella coltivazione. Ma nell’area dove vengono coltivate in quantità c’è chi pensa di costruire case o fabbriche e farci passare metanodotti e altri attraversamenti. A rimanere in poche piante sono le “nettarine bianche nocerine”, dal sapore sublime, unico, tra i prodotti più richiesti dal mercato.
UNA QUALITÀ SUPERIORE
Luigi d’Aquino, agronomo e ricercatore dell’Enea, e l’architetto Vincenzo Attanasio, conoscitore dell’area in cui ancora si coltivano queste nettarine si soffermano sulla qualità e la redditività di questa coltivazione che ora è localizzata prevalentemente alla Starza, fertile località a cavallo tra le due Nocera, pur se periodicamente viene alluvionata dalle esondazioni dei torrenti dei Corvi e Casarzano.
«Le nettarine bianche appartengono al grande gruppo delle pesche dalla buccia non tomentosa – afferma d’Aquino – e sono allevate da lungo tempo nella zona della Starza, dove gli agricoltori, ciclo dopo ciclo, hanno selezionato quelle più saporose e profumate, al punto che oggi sono riconosciute come vere prelibatezze, che alimentano un mercato assai ricco e fiorente, in cui la domanda eccede l’offerta, consentendo agli agricoltori di spuntare prezzi finalmente remunerativi per il frutto del loro duro lavoro e dei loro sacrifici».
L’agronomo aggiunge: «Unico difetto è che si tratta di frutti molto delicati, che devono essere colti, confezionati e maneggiati con cura e che devono essere consumati non troppo oltre la loro raccolta».
UN’ALTA REDDITIVITÀ
L’architetto Attanasio specifica: «La diffusione della coltivazione potrebbe essere un utile strumento per il rilancio della frutticoltura locale, afflitta da scarsa remunerazione degli investimenti, la quale non favorisce il radicarsi di una imprenditoria giovane e dinamica.
Ma per fungere da traino del rilancio dell’agricoltura locale, la coltivazione andrebbe innanzitutto protetta dal principale fattore di attacco: la cementificazione del territorio, la quale non si ferma davanti al legame degli agricoltori alle loro aziende, al paesaggio culturale degli orti e dei frutteti della Valle del Sarno, ma neppure davanti al rischio idrogeologico, al quale la zona è pesantemente soggetta».
Da qui la nascita di un movimento per salvare e diffondere una delle coltivazioni più remunerative dell’Agro nocerino, strumento di lotta contro la cementificazione.