Avrebbero agito anche per favorire varie organizzazioni mafiose. Tutti i particolari dell’indagine che ha come punto centrale Mercato San Severino
Questa mattina, nelle province di Salerno, Ascoli Piceno, Agrigento, Avellino, Brindisi, Caserta, Catanzaro, Latina, Lecce, L’Aquila, Messina, Napoli, Potenza, Ravenna, Roma, Varese e in diversi stati esteri, in particolare Panama, Romania e Malta, militari del Comando Provinciale Carabinieri di Salerno, dai colleghi delle varie province e dalle forze di polizie di vari stati hanno eseguito un provvedimento cautelare applicativo della misura della custodia in carcere emesso dal Gip su richiesta della Dda di Salerno, nei confronti di 33 soggetti, sottoposti ad indagini, a vario titolo, in relazione al delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti in materia di giochi e scommesse illegali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche, autoriciclaggio, nonché per i reati scopo di tale associazione, con l’aggravante, per taluni di questi reati, di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan dei “Casalesi”.
È contestualmente in corso il sequestro preventivo di 11 siti internet e delle società “Europartner” e “IOCOSA LUDUM società cooperativa”, entrambe con sede legale a Mercato San Severino, nonché di tre milioni di euro nei confronti di Luigi Giuseppe Cirillo e di altri indagati che, allo stato delle investigazioni, sono stati ritenuti essere suoi prestanome, quale profitto dei reati di cui si ipotizza la commissione. Cirillo , che nell’ordinanza cautelare viene ritenuto capo e promotore del sodalizio criminale, è indagato di aver costituito una vera e propria holding dedita al gaming online illecito sul territorio nazionale ed estero, avvalendosi anche dei legami con i vertici dei Casalesi.
LE INDAGINI
Nella ricostruzione fatta propria dal giudice, e suscettibile di ulteriore vaglio nell’ulteriore corso del procedimento, vigendo fino a sentenza definitiva la presunzione di innocenza di cui all’art. 27 della Costituzione, egli, servendosi di un sistema di gestione ed amministrazione telematico ideato da Luigi Tancredi nei primi anni Duemila ne avrebbe nel tempo incrementato notevolmente le potenzialità e la diffusione, utilizzando le ragguardevoli competenze nel settore tecnico-informatico di uno dei sodali, grazie ad una community di gioco fatta di diversi milioni di giocatori diffusi in tutto il mondo, i quali, fruendo della piattaforma messa a disposizione, potevano giocare e scommettere on line l’uno contro l’altro a distanza di migliaia di chilometri e senza alcun vincolo di tempo e luogo.
Secondo le indagini del Nucleo Investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Salerno, la presunta consorteria criminale avrebbe effettuato le proprie attività mediante siti intemet prevalentemente con domini .com ed .eu, tutti privi delle prescritte autorizzazioni dei Monopoli di Stato italiani, allocati presso diversi server che, seppur coordinati da Mercato San Severino, sono stati materialmente ubicati all’estero, in cosiddetti paradisi fiscali, tra i quali Panama e l’Isola di Curacao. Proprio l’inserimento dei siti in paradisi fiscali ha reso particolarmente complesse e difficoltose le operazioni di monitoraggio.
LA COSTRUZIONE DEL SISTEMA
Il sodalizio avrebbe abusivamente programmato ed eseguito scommesse, del casinò e del poker Texas Hold’env, associandosi alla rete dbgpoker (piattaforma di poker on-line, come detto, attiva su siti allocati all’estero e non autorizzati ad operare in Italia). Taluni giochi’, inoltre, risultavano fruibili anche su slot machines e totem, materialmente posti in diverse attività commerciali – per lo più nel sud Italia – cui erano imposti dalle consorterie criminali egemoni territorialmente. Alcune delle sale giochi individuate in Italia sono riconducibili a “Europartner” e “IOCOSA LUDUM società cooperativa”, oggetto di sequestro preventivo. Sempre secondo l’ipotesi accusatoria ritenuta fondata dal Gip, la capillare diffusione dei siti di gioco avveniva mediante un sistema piramidale alla cui base vi era il player, facente parte della community di gioco globale, elemento di maggior importanza di tutto il sistema, poiché di fatto finanziatore e fruitore finale del sistema di gioco.
L’IPOTESI ACCUSATORIA
In sintesi, l’ipotesi accusatoria è che il vertice vendesse ai vari livelli gestionali crediti “virtuali”, che divenivano denaro “reale” grazie alle giocate dei player-giocatori finali. Questi ultimi le realizzavano sia attraverso il collegamento diretto con i siti internet (illegali) di gaming, sia mediante periferiche fisiche quali totem e slot machine, ubicate – come già detto – in alcune sale giochi, senza il previsto collegamento con i Monopoli di Stato. Ad ogni passaggio di livello sarebbe stata corrisposta una percentuale per la prestazione fornita da ciascun componente della piramide di gioco, a seconda di quanto stabilito in sede di “contrattualizzazione”.
Infine, la consistente quota parte che rimaneva del prezzo del punto-gioco, enucleata dai pagamenti intermedi, risulta, allo stato delle indagini, essere confluita nelle casse del casinò, livello apicale ed amministratore globale, utilizzando sistemi di pagamento skrill (simile a paypal), che permetteva il passaggio di capitali anche attraverso un semplice scambio di mail. La piattaforma di direzione globale del gioco illecito è stata individuata, allo stato delle investigazioni, in un sito iscritto su server allocati in America. Lo strumento di gestione risulterebbe strutturato su 5 livelli, primo dei quali costituito da un amministratore globale (C= casinò), ossia il vertice dell’organizzazione, e gli altri corrispondenti alle Nazioni (N), Regioni (R), Distretti (D) e Club (C). Ai livelli più alti sarebbe stato assegnato il compito di gestione c coordinamento di quelli più bassi, sino ad arrivare ai club, ovvero stanze virtuali o fisiche nelle quali i giocatori spendevano i propri soldi, usufruendo dei servizi offerti.
GLI ALTRI REATI
Tra i reati contestati a Cirillo l’autoriciclaggio per una serie di investimenti che egli avrebbe operato con gli introiti delle sue illecite condotte, in particolare nello stato di Panama, ove avrebbe acquistato una serie di beni immobili. D’interesse è risultata anche la vendita di una Lamborghini Murcielago, fittiziamente intestata ad una società iscritta nei registri della Repubblica Ceca e ritenuta riconducibile ad uno degli odierni indagati, che sarebbe stata venduta ad una concessionaria di Torino ed i cui proventi sarebbero transitati, dopo vari passaggi finanziari, su un conto corrente a lui intestato a Panama. In una circostanza, Cirillo avrebbe minacciato con una pistola (gli è contestato anche il reato di porto abusivo di arma da sparo) un appartenente ad un clan rivale che avrebbe reclamato un credito vantato nei confronti di un suo affine.
È stata altresì contestata l’aggravante mafiosa di cui all’art. 416 bis. 1 c.p. sotto il profilo dell’agevolazione al clan dei Casalesi, configuratasi grazie alla consapevole fornitura della piattaforma di gioco illegale a soggetti ad esso contigui, che – sulla base delle risultanze – ne avrebbero così alimentato le casse. Gli introiti stimati dall’asset criminoso nel suo complesso sono stati quantificati – nell’arco temporale di circa due anni delle attività investigative – in oltre 5 Miliardi di euro. Qualora i giochi fossero stati svolti in forma lecita, le entrate per l’erario sarebbero state di circa 500 milioni di euro. Tutti gli arrestati sono stati associati presso le Case Circondariali competenti per territorio.