La spiegazione del professor Giovanni D’Alessandro, costituzionalista ed esperto di colpe mediche, dell’ordinanza del Consiglio di Stato sulle cure dei positivi Covid che sono a casa
A soli 4 giorni dalla pubblicazione della sentenza del Tar Lazio che disponeva l’annullamento parziale della circolare del Ministero della Salute recante “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” (aggiornata al 26 aprile 2021), nella parte in cui, nei primi giorni di malattia, prevede unicamente una “vigilante attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo, come da linee guida AIFA, il nuovo Presidente del Consiglio di Stato, Franco Frattini, ha sospeso con decreto, su ricorso del Ministero della Salute, l’esecutività della sentenza fino alla discussione collegiale, fissata per la camera di consiglio del 3 febbraio.
Si tratta, probabilmente, di una questione più di puntiglio che di sostanza, giacché le linee guida restano raccomandazioni che il medico “deve” seguire senza pretesa di obbligatorietà e il Ministero della Salute non ha “gradito” l’annullamento da parte del Tar. In coerenza con il riconoscimento del carattere non vincolante della circolare ministeriale, il decreto presidenziale sottolinea, dunque, tre punti decisivi.
Anzitutto, la circolare «contiene, spesso con testuali affermazioni, “raccomandazioni” e non “prescrizioni”, cioè indica comportamenti che secondo la vasta letteratura scientifica ivi allegata in bibliografia, sembrano rappresentare le migliori pratiche, pur con l’ammissione della continua evoluzione in atto».
Da ciò deriva l’insussistenza di «alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del medico di medicina generale di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale».
Pertanto, per il decreto presidenziale, «la sospensione della circolare, lungi da far “riappropriare” i medici di medicina generale della loro funzione e delle loro inattaccabili e inattaccate prerogative di scelta terapeutica (che l’atto non intacca) determinerebbe semmai il venir meno di un documento riassuntivo delle “migliori pratiche” che scienza ed esperienza, in costante evoluzione, hanno sinora individuato, e che i medici ben potranno, nello spirito costruttivo della circolazione e diffusione delle informazioni scientifico-mediche, considerare come raccomandabili, salvo scelte che motivatamente, appunto in scienza e coscienza, vogliano effettuare, sotto la propria responsabilità (come è la regola), in casi in cui la raccomandazione non sia ritenuta la via ottimale per la cura del paziente».
Con un’argomentazione forse un po’ ridondante si chiarisce – per il momento, in attesa della decisione cautelare finale all’esito della camera di consiglio del 3 febbraio – che la circolare parzialmente annullata dal TAR non è “necessaria” (perché non vincolante), ma “utile” (perché indicativa delle migliori pratiche terapeutiche per la cura domiciliare del covid). La verità è che le linee guida sono state elaborate da un organismo tecnico come l’AIFA e non da un’autorità governativa che vorrebbe imporre una “terapia di Stato”. Di questo occorre farsene una ragione.
Giovanni D’Alessandro – Docente di Diritto Costituzionale