Operazione dei Noe a salvaguardia del fiume Sarno
I carabinieri del comando gruppo per la tutela ambientale di Napoli, in esecuzione di decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nocera Inferiore, su conforme richiesta della procura della repubblica di detto tribunale, hanno proceduto al sequestro di una azienda conserviera, il cui legale rappresentante è ritenuto responsabile dei reati di cui all’art. 137 (scarico abusivo di reflui industriali) e all’art. 279 (emissioni in atmosfera senza autorizzazione) del Testo Unico Ambientale.
In particolare, le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore e svolte dai carabinieri del Noe di Salerno e Napoli, che si sono avvalsi della collaborazione tecnica dell’Arpac, hanno permesso di accertare che l’azienda conserviera posto sotto sequestro in Sant’Egidio di Monte Albino svolgeva attività produttiva con titolo autorizzativo allo scarico di reflui industriali in pubblica fognatura e alle emissioni in atmosfera scaduto. Il sequestro preventivo dell’azienda, secondo quanto ritenuto dal giudici delle indagini preliminari di Nocera Inferiore, si è reso necessario al fine di evitare la compromissione ulteriore dell’ambiente circostante e del fiume Sarno.
Il provvedimento cautelare, operato in data odierna, si inserisce in una più ampia e articolata attività investigativa, tutt’ora in corso di svolgimento, condotta in modo capillare dai Carabinieri del Comando Tutela Ambientale e dai Carabinieri Forestali in collaborazione tecnica con l’Arpac sotto il coordinamento delle Procure di Nocera Inferiore, Torre Annunziata ed Avellino, finalizzata ad accertare le cause dell’inquinamento del fiume Sarno e dei suoi tributari, avente ad oggetto le aziende ubicate nel territorio del bacino idrografico di detto corso d’acqua e ricadente nei circondari delle suddette Procure, al fine di individuare gli scarichi abusivi dei reflui industriali recapitanti direttamente e indirettamente nel fiume Sarno ed interrompere le attività illecite che influiscono sullo stato di salute di detto corso d’acqua, senza peraltro trascurare il rilevante impatto provocato dagli scarichi fecali di quei Comuni, tutt’ora privi di rete fognaria e/o non collettati ai depuratori esistenti.