La sentenza per l’assassinio della neonata di Sant’Egidio Monte Albino
Sostanzialmente confermate le richieste di condanna del pm Roberto Lenza per l’omicidio della piccola Jolanda Passariello, avvenuto a giugno del 2019 a S.Egidio del Monte Albino. Oggi pomeriggio, la Corte di Assise di Salerno, ha condannato Giuseppe Passariello alla pena senza fine mai, con isolamento diurno per tre mesi, mentre la madre Immacolata Monti è stata condannata a 24 anni di reclusione (il pm aveva chiesto anche per lei l’ergastolo). All’uscita del palazzo di Giustizia, sia il pm Lenza sia l’avvocato Vincenzo Calabrese difensore di Passariello, non hanno voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Accusa e difesa attendono comunque le motivazioni della sentenza.
LE POSIZIONI
Poche ore e la Corte d’Assise di Salerno emetterà la sentenza di primo grado sulla morte della piccola Jolanda Passariello, che spirò nella notte tra il 21 e il 22 giugno del 2019, nella sua casa nella frazione San Lorenzo a Sant’Egidio del Monte Albino. Da un lato il pm Roberto Lenza ha chiesto la condanna all’ergastolo per maltrattamenti e assassinio del papà della piccola, Giuseppe Passariello, e della mamma, Immacolata Monti, entrambi di Pagani. Sulla stessa linea la parte civile (in rappresentanza dell’altro figlio, minorenne, della coppia). Un’indagine che ha dei riscontri nell’autopsia dei consulenti della procura che ritenne la morte della piccola sopraggiunta per soffocamento, probabilmente con un cuscino. Nelle prime intercettazioni ambientali acquisite nella mattinata del 22 giugno all’interno del commissariato di polizia di Nocera Inferiore, poi, Immacolata Monti avrebbe chiesto al marito cosa fare di un fantomatico cuscino aggiungendo pure «Se ci scoprono siamo finiti».
Le difese, sostenute dall’avvocato Vincenzo Calabrese per la mamma e Antonio Di Martino per il papà, hanno concluso che la bimba fosse morta per cause naturali e che le famose frasi dette dalla Monti nel commissariato sarebbero solo estrapolazioni da un discorso generale fatta dalla donna con il marito e anche la consulenza per l’autopsia non può raggiungere alle conclusioni di un soffocamento. In più ci sarebbe il problema dei mancati riscontri sul cuscino e sulla maglia che avrebbe indossato l’imputato la sera della morte della piccola.
L’avvocato Calabrese ha poi sottolineato che, anche qualora si trattasse di omicidio, la mamma della piccola non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo (la madre si è sempre difesa dicendo che stesse dormendo e che svegliatasi nel corso della notte sia andata a controllare la figlioletta e si sarebbe accorta che non respirava più). Domani pomeriggio la sentenza di primo grado. Alla fine, l’iter giudiziario approderà ad una sentenza, ad una verità giudiziaria, poi ci sarà da riflettere sul contesto in cui si sono maturati i fatti.