Camorra, la guerra tra clan a Poggiomarino e l’alleanza con Paganesi e Scafatesi

I 26 arresti da parte dei carabinieri e della polizia eseguiti questa mattina riguardano anche il tentato omicidio di San Marzano del 13 aprile scorso e lo spaccio nella Piana del Sele e Cilento. I rapporti con la ‘Ndrangheta. I nomi delle persone coinvolte

In una mansarda a Pagani c’era la centrale operativa del gruppo d’o’ minorenne, il 60enne Rosario Giugliano di Poggiomarino, trasferitosi nella città di Sant’Alfonso dopo la scarcerazione, grazie al legame con la paganese Teresa Caputo con la quale ha un figlio. Giugliano Era stato condannato in via definitiva a scontare oltre 227 anni di reclusione (poi cumulati in 30 anni), ma era stato scarcerato l’8 marzo dello scorso anno e sottoposto al regime della libertà vigilata. Da una mansarda di Pagani venivano scelte le nuove strategie di Giugliano alla conquista dell’area vesuviana, grazie anche all’alleanza con altri storici clan e con gruppi criminali dell’Agro nocerino. Tra i destinatari di una misura cautelare anche Alfonso Manzella, che ai più è noto come “Zuccherino”, cantante neomelodico figlio di Teresa Caputo, più volte finito sui giornali per vicende di cronaca nera.

IL BLITZ
Questa mattina, i carabinieri del comando provinciale di Napoli e del reparto territoriale di Torre Annunziata e i colleghi del comando provinciale di Salerno e del reparto territoriale di Nocera Inferiore hanno eseguito nelle province di Napoli, Salerno, Imperia, Cosenza, Ancona e Reggio Emilia, un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa dall’ufficio G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda di Napoli nei confronti di 26 persone, gravemente indiziati, a vario titolo, di aver fatto parte di due distinte organizzazioni criminali operanti su Poggiomarino e nei comuni napoletani limitrofi, in lotta tra loro per l’egemonia sul territorio.

LA GUERRA E POI LA PAX CAMORRISTICA SU POGGIOMARINO
Allo storico clan Fabbrocino si è affiancata e contrapposta una nuova entità criminale, con l’obiettivo di ricercare autonomi spazi delinquenziali. In tale contesto, sono state documentate attività connesse con: numerose estorsioni e intimidazioni, anche con esplosi dei colpi d’arma da fuoco; un importante traffico di sostanze stupefacenti, accertando canali di approvvigionamento anche con le ‘ndrine calabresi.
A fronteggiarsi il clan storicamente già riconosciuto su quel territorio, riconducibile ad Antonio Giuliano ‘O’Savariello’, luogotenente del clan Fabbrocino, detenuto presso il carcere di Nuoro, e la nuova compagine creatasi con la scarcerazione del pregiudicato Rosario Giuliano, detto ‘O’ minorenne’, solo omonimo del luogotenente del clan Fabbrocino. Storico sicario del clan Galasso, Giuliano è rientrato sul territorio di Poggiomarino a partire dal 2016, grazie ad alcuni permessi premio e poi ottenendo la liberazione al termine di una lunga pena detentiva. L’obiettivo di Giuliano era di ricercare occasioni e spazi criminali per affermare l’autonomia di un clan autoctono, proprio nella consapevolezza che il clan dominante su Poggiomarino era capeggiato da Antonio Giuliano, proveniente da Palma Campania ed imposto sul territorio dal boss Mario Fabbrocino. Successivamente i due gruppi trovarono un equilibrio e in parte riuscirono anche a collaborare.

L’ALLEANZA CON I PAGANESI, SCAFATESI ED ALTRI DELL’AGR0
Rosario Giuliano aveva bisogno di alleanze con i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’Agro nocerino sarnese, in particolare con i Ferraiuolo di Pagani mentre, in virtù dell’ascendenza con il potente clan Moccia di Afragola, ha rivendicato maggiori spazi operativi arrivando più volte allo scontro con il clan di Antonio Giuliano, retto dal figlio Giuseppe Giuliano. È emblematico di tale situazione di fluidità criminale l’agguato organizzato da sodali del clan di Rosario Giuliano, contro la Caffetteria Giuliano, l’11 marzo 2017 in pieno centro a Poggiomarino, con spari esplosi ad altezza d’uomo. Il commando ha agito nella convinzione che Giuseppe Giuliano fosse all’interno del bar ed allo scopo di ridimensionare la sua figura criminale. Il clan costituito da Rosario Giuliano, che per lungo tempo ne ha coordinato le attività dal carcere attraverso la compagna paganese Teresa Caputo, portaordini di ‘o Minorenne verso i promotori liberi, era composto dallo stesso Rosario Giuliano, nel ruolo di vertice e promotore, unitamente ai suoi più diretti fiduciari Alfonso Manzella (“Zuccherino, figlio della Caputo”), Cristian Sorrentino, promotori ed organizzatori dell’associazione, e sovrintendenti alle attività illecite nel campo delle estorsioni e del commercio di stupefacente. In posizione subalterna, Antonio Iervolino e Salvatore Iervolino, curavano il raccordo tra i vertici del gruppo e le altre componenti del clan dedite al controllo del territorio ed al commercio dello stupefacente, tra cui Giovanni Orefice, Giuseppe Nappo e Domenico Gianluca Marano, costituenti, tra l’altro, il braccio armato del clan.

IL RUOLO DI TERESA CAPUTO E DEL FIGLIO “ZUCCHERINO” DI PAGANI E DEGLI SCAFATESI
Teresa Caputo è stata individuata come il trait union tra il compagno Rosario Giugliano e l’esterno per le strategie criminali. Molti dei colloqui tra la Caputo e Giugliano avvenivano nella ludoteca del carcere perché agli incontri partecipavano anche un minore. Alfonso Manzella o meglio Zuccherino di fatto avrebbe svolto il ruolo di reggente del gruppo in assenza del compagno della madre. Quando Manzella è risultato troppo esposto rispetto alla pressione investigativo fu proprio ‘o Minorenne a dirgli di evitare la sovrapposizione e che fosse particolarmente attenzionato delle forze dell’ordine, quindi aumentò il suo ruolo di Cristian Sorrentino di Scafati.

LA DROGA TRA IL NAPOLETANO E LA PIANA DEL SELE ORGANIZZATA DA PAGANI E GLI AIUTI DELLA ‘NDRANGHETA
L’associazione capeggiata da Rosario Giuliano, a cui è stata attribuita l’aggravante dell’agevolazione mafiosa (416bis) gestiva una fitta rete di spaccio di cocaina e marijuana, approvvigionata rispettivamente da esponenti del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio e dalla famiglia Batti. Le cessioni di droga avvenivano mediante una fitta rete di pusher anche nella Piana del Sele e nel Cilento ed attraverso persone insospettabili (una guardia giurata, il titolare di una pizzeria e un’addetta presso un’impresa di pulizie). L’indagine ha consentito di riscontrare il traffico di stupefacenti attraverso il sequestro di ingenti quantitativi di marijuana e di hashish, con la partecipazione anche di alcune donne e minorenni in qualità di custodi dello stupefacente da smerciare. Il clan di Giuseppe Giuliano è risultato operativo soprattutto nel campo dell’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ed è risultato in contatto con la ‘ndrina calabrese dei Pesce-Bellocco della Piana di Gioia Tauro, dalla quale si riforniva di marijuana attraverso Giosafatte Giuseppe Elia. La droga veniva poi trasportata e custodita da incensurati insospettabili, che utilizzavano anche furgoni di copertura per la distribuzione del caffè quali vettori per movimentare lo stupefacente. Altro settore nel quale è risultato ben inserito il clan Giuliano è il riciclaggio di denaro sporco all’interno di numerose aziende ubicate anche al dì fuori dei confini regionali. Le attività criminali venivano comunque organizzate, soprattutto negli ultimi tempi, da Pagani.

L’INDAGINE
Il provvedimento trae origine da un’ampia ed articolata attività d’indagine, strutturata anche sul profilo patrimoniale, coordinata dalla Dda di Napoli e sviluppata dal nucleo investigativo carabinieri di Torre Annunziata nell’arco temporale compreso tra la fine del 2016 e febbraio 2020, che ha riguardato due sodalizi criminosi operanti su Poggiomarino (Napoli), in lotta tra loro per l’egemonia sul territorio, ma capaci di ricercare e trovare un sostanziale equilibrio nell’approvvigionamento comune di sostanze stupefacenti su larga scala.

I SEQUESTRI
Sottoposti a sequestro preventivo i beni e i rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in circa 50 milioni di euro. Le indagini patrimoniali, estese ai nuclei familiari degli indagati Rosario Giuliano, Domenico Viesti, Teresa Caputo, Francesco Vorraro, Giovanni Orefice, Antonio Iervolino, Salvatore Iervolino, Alfonso Manzella, Giuseppe Mingo, Francesco De Michele, Mario Nappo, Giuseppe Giuliano Giuliano, Adriano De Filippo, Cristian Sorrentino ed Elia Pisciotta hanno consentito di evidenziare l’effettiva sussistenza di disponibilità economiche e flussi monetari con reinvestimenti, anche immobiliari, ritenuti sproporzionati ai redditi dichiarati, documentando le sperequazioni risultanti al momento di ogni singolo acquisto e quella maturata negli anni. Sulla base delle risultanze investigative, è stato quindi emesso un decreto di sequestro preventivo relativamente a beni mobili (7 autoveicoli e 3 motocicli), immobili (14 appartamenti e 8 terreni), rapporti finanziari (88 rapporti finanziari e 8 polizze assicurative), imprese (1 ramo d’azienda, 5 quote di capitale sociale nonché i beni aziendali e strumentali di 13 società), per un valore complessivo stimato in circa 50 milioni di euro.

I 62 ORDIGNI SCOPERTI
Questa mattina, durante il blitz della Dda scattato questa mattina, sono stati scoperti a Poggiomarino dai carabinieri ben 62 ordigni. Gli investigatori non escludono, al momento, che si tratti di materiale esplosivo peraltro particolarmente pericoloso destinato a episodi di intimidazione ai danni delle vittime delle estorsioni.
Raimondo Aufiero

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