I familiari di un 80enne chiedono chiarezza
L’assurdo destino di un 80enne che al San Leonardo di Salerno trova prima la vita e poi la morte: i familiari si sono rivolti a Studio3A per fare luce sui fatti. Mario Saraceno di Mercato San Severino il 27 novembre scorso per in0ischemia celebrale. L’anziano viene subito sottoposto ad intervento chirurgico per rimuovere un trombo all’arteria cerebrale, con esito positivo e una buona prospettiva di ripresa, tanto che si pensava potesse festeggiare l’80esimo compleanno il giorno 18 dicembre in piena felicità. Il paziente, peraltro, pur rimanendo ovviamente un soggetto a rischio per la sua seria patologia, al momento non ha avuto problemi di Covid né respiratori: la Stroke Unit di Neurologia, dove fu trasferito dopo l’operazione e costantemente monitorato, lo fece sottoporre, tra i vari esami, a due tamponi faringei, il 28 novembre e il 4 dicembre, per scoprire la presenza del Sars Cov 2, entrambi risultati negativi, e ad una broncoscopia che non rilevò infezioni in atto né disfunzioni legate ai polmoni e ai bronchi. Nei giorni successivi, però, i sanitari cominciarono ad assumere decisioni sulla gestione del malato su cui i familiari, costretti per la pandemia ad assumere le informazioni per lo più solo per telefono, esprimono non poche riserve: la prima, probabilmente fatale, è il suo trasferimento, nonostante il quadro clinico delicato, nel reparto di Neurologia, salvo doverlo riportare poco dopo nella Stroke Unit per il riaggravarsi delle sue condizioni di salute. La seconda è la sua partenza, questa volta forzata ma senza neppure avvisare i familiari, per il Da Procida, e soprattutto le ragioni che la impongono: il Covid.
Il mattino del 19 dicembre i medici prospettarono ai congiunti la possibilità di ricoverare il loro caro in una struttura di lungo degenza, ma lunedì 20 dicembre, durante una telefonata con il reparto di Neurologia del San Leonardo, vennero a sapere che l’anziano era stato appunto trasferito al Da Procida in quanto risultato positivo al tampone effettuato domenica pomeriggio. Logico e profondo il disappunto della famiglia, essendo chiaro che il paziente il virus non può che averlo contratto in reparto, tanto che la figlia, il 26 dicembre, scrisse anche una mail di formale protesta a Vincenzo D’Amato, direttore generale dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi, ripercorrendo il calvario del genitore ed esprimendo perplessità sulle misure di sicurezza adottate nel reparto di Neurologia: il personale infermieristico per ben tre volte le aveva consegnato, assieme alla biancheria del padre, indumenti sporchi di sangue appartenenti ad altri degenti. Ma, soprattutto, nei Saraceno era tanta la preoccupazione e il timore che l’ottantenne, già fortemente provato e debilitato dall’ischemia e dall’intervento chirurgico, non riesca a superare anche il coronavirus, ed è purtroppo ciò accade: il fisico dell’uomo il 27 dicembre cede e si arrende. I familiari della vittima, dopo essersi un po’ ripresi dal terribile colpo, hanno quindi deciso di vederci chiaro sulla vicenda e di appurare se vi siano state responsabilità da parte dei sanitari e della struttura che ha avuto in cura il paziente e, attraverso il consulente legale Vincenzo Carotenuto, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già richiesto tutte le cartelle cliniche e che, una volta acquisita tutta la documentazione medica, deciderà quali iniziative intraprendere.
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