Dal 1945, oltre 1.300 carabinieri uccisi, il generale Luzi ricorda il sacrificio del tenente Pittoni

Il comandante dell’Arma cita alcuni esempi di militari immolatisi per le istutuzione e i diritti dei cittadini

“Dal dopoguerra l’Arma ha perso oltre 1.300 figli. Sono davvero figli nostri e il loro sacrificio ci segna. Nessuno tra loro è stata una vittima inconsapevole. Sono uomini che non hanno esitato. Hanno messo in gioco tutto per difendere le Istituzioni democratiche e i diritti dei cittadini contro ogni forma di delinquenza: il banditismo, la mafia, la criminalità di strada, finanche la violenza più sconsiderata”. Lo dice il Generale Teo Luzi, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, in un’intervista sul magazine online dell’Eurispes all’indomani della morte di un altro carabiniere scelto, Vittorio Iacovacci, ucciso a 30 anni in Congo insieme all’ambasciatore Luca Attanasio.

“Molti i giovanissimi – ribadisce il generale – l’Appuntato Salvatore Nuvoletta si era arruolato a 17 anni e tre anni dopo, nel 1982, è caduto sotto i colpi di pistola di un commando della Camorra che voleva vendicare la morte di un affiliato, Mario Schiavone, deceduto qualche giorno prima in un conflitto a fuoco con una pattuglia dell’Arma. Il Tenente Marco Pittoni aveva 33 anni quando, nel 2008 a Pagani, in provincia di Salerno, affrontò in un ufficio postale due rapinatori. Non impiegò la propria arma per non mettere in pericolo la vita delle numerose persone presenti. Così perse la propria. Il Brigadiere Cerciello Rega si era sposato da poco più di un mese”.

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