Camera Civile di Nocera Inferiore: il mutuo fondiario 

A cura dell’Avv.Raffaele Antonio Nacchia – Tesoriere della Camera Civile di Nocera Inferiore

Il mutuo fondiario costituisce una forma di finanziamento a medio – lungo termine, garantito da ipoteca immobiliare, concessa da un istituto di credito in favore di un altro soggetto, allo scopo di consentire l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione di un fabbricato, così come da definizione storica R.D. del 16 luglio 1905 n. 646. Tale definizione, con alcune rilevanti modifiche strutturali, oggi è stata trasfusa nell’articolo 38 del T.U.B; infatti, il mutuo fondiario ha perso l’originaria connotazione di mutuo di scopo, quale elemento caratterizzante, ragion per cui, è possibile che il mutuatario si obblighi alla restituzione degli importi ricevuti, ma non al compimento di attività programmatiche, la cui eventuale presenza a nulla rileva. Gli elementi costitutivi di tale mutuo sono vari. Un primo requisito è quello di consistere in un prestito in denaro strumentale all’acquisto di immobili, garantito da ipoteca di primo grado sull’immobile acquistato dal mutuatario. Tale ipoteca è una garanzia reale che consente al creditore ipotecario di garantirsi, con preferenza sugli altri creditori, in caso di inadempimento del debitore e di soddisfarsi sul ricavato della vendita del bene espropriato.

Altro requisito è quello di prevedere un rapporto percentuale tra l’ammontare del mutuo ed il valore del bene, rapporto che non può superare il limite di legge, ossia, come previsto dalla delibera del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) del 22/04/1995, ancora oggi operante, l’80%. L’Istituto mutuante, pertanto, potrà finanziare al massimo l’80% del valore dell’immobile ipotecato o del costo delle opere da eseguire sul bene medesimo. Tale limite, tuttavia, può essere superato nel caso in cui il mutuatario presti ulteriori garanzie, come il rilascio di fideiussioni o la stipula di polizze assicurative; in tale caso, infatti, sarà possibile erogare mutui fondiari fino al 100% del valore dell’immobile ipotecato. Ai sensi di legge, il prestito va concesso per un periodo non inferiore a 18 mesi ed in base alla lunghezza del finanziamento varia il costo complessivo dell’operazione. Al momento della stipula del contratto la banca definisce un piano di ammortamento, stabilendo l’ammontare e le scadenze delle rate, che potranno essere mensili, bimestrali, trimestrali, quadrimestrali, semestrali o annuali. Nel calcolo delle rate sono inclusi gli interessi, che possono essere a tasso fisso o variabile: nel mutuo a tasso fisso la rata rimane costante per l’intera durata del mutuo ed il tasso d’interesse è stabilito in modo definitivo alla stipula, mentre nel mutuo a tasso variabile la rata può cambiare in relazione all’andamento del tasso di riferimento. È possibile anche prevedere un tasso misto, con entrambe le anzidette modalità. Al mutuatario deve essere reso noto il tasso annuo effettivo globale (TAEG), cioè un indice che esprime il costo complessivo del credito a suo carico espresso in percentuale annua del credito concesso. Il mancato pagamento delle rate comporta per la banca, ai sensi dell’articolo 40 del T.U.B., la possibilità di invocare la risoluzione del contratto, qualora il cliente ritardi il pagamento di almeno 7 rate, anche se non consecutive.

La legge considera “ritardato pagamento” quello effettuato tra il trentesimo ed il centottantesimo giorno dalla scadenza della rata. In caso di risoluzione del contratto per inadempimento del mutuatario la banca potrà avviare la procedura espropriativa dell’immobile ipotecato dinanzi al Tribunale competente per territorio. È utile, al proposito, richiamare la novella introdotta dal d.lgs. 72/16, che ha previsto la possibilità di introdurre una clausola nei contratti di nuova stipula, stabilendo che la banca, in caso di inadempimento protrattosi per almeno 18 mesi consecutivi, possa acquisire la proprietà dell’immobile, pagando al mutuatario l’eventuale eccedenza sul debito, in tal modo evitando la procedura giudiziaria esecutiva. Gli interessi, le spese di istruttoria e la parcella notarile per la stipula del mutuo sono detraibili dalle tasse, secondo le agevolazioni introdotte nel 1998, nel limite del 19% del loro valore. La natura fondiaria del mutuo, anziché semplicemente ipotecaria, assume grande rilevanza sotto il profilo della stabilità del contratto stante il beneficio dell’esenzione dell’azione revocatoria, ai sensi e per l’effetto dell’art. 39 del T.U.B., in quanto le ipoteche iscritte a garanzia dei mutui fondiari non possono essere assoggettate a revocatoria fallimentare (né, analogamente, i relativi pagamenti effettuati dal mutuatario che fallisce), quando sono iscritte dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento. Il mutuo fondiario, nella prassi bancaria, incorre in una rilevante problematica, quando l’istituto di credito con un proprio cliente, già debitore in forza di un precedente rapporto obbligatorio non assistito da alcuna garanzia reale, estingue la precedente passività chirografaria con analogo debito privilegiato con concessione di ipoteca, al solo fine di estinguere una precedente passività chirografaria, relativa allo stesso soggetto o a un terzo, con analogo debito privilegiato. La giurisprudenza italiana ha avuto modo di pronunciarsi più volte su tale problematica e, anche se con diverse argomentazioni, ha determinato in merito la nascita di un orientamento giurisprudenziale conforme.

L’evoluzione giurisprudenziale può essere ravvisata nella pronuncia della Cassazione Civile, ordinanza della I Sez., del 25 luglio 2018, n. 19746 (Pres. Genovese – Est. Dolmetta). Nel caso in esame la Banca ricorreva nei confronti della ditta individuale fallimentare e del S.C., proponendo tre motivi di ricorso avverso il decreto emesso dal Tribunale di Macerata in data 7 giugno 2013, in via di conferma della decisione del giudice delegato, che non aveva ammesso al privilegio ipotecario vantato dalla stessa. La ricorrente lamentava, come primo motivo (ricorso, p. 11), «ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 5 cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti e cioè l’estraneità, al momento dell’operazione contestata, del bene concesso a garanzia del mutuo rispetto al patrimonio della ditta fallita». Come secondo motivo (p. 13), «ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 2821 e, per relationem, dell’art. 38 comma 1 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, applicabile anche alle operazioni di mutuo ipotecario non fondiario, secondo il quale «il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili». Come terzo motivo (p. 14), «ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 cod. civ. secondo il quale “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative …” ovvero in presenza della “illiceità della causa” ovvero dell’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 …». Per ragioni di anteriorità logica, la Corte riteneva di esaminare preliminarmente il terzo motivo di ricorso, evidenziando che, con tale motivo, la ricorrente assumeva, in particolare, che il decreto impugnato aveva tratto la rilevazione sia della «illiceità del mutuo», sia della «qualificazione» meramente «chirografaria del credito restitutorio» da un’unica constatazione: che lo stesso possedeva la «funzione di sostituire con un credito assistito da garanzia reale un credito meramente chirografario». Nel caso di specie, la banca aveva effettivamente posto in essere una simile operazione, che, tra l’altro, è diffusa nell’attuale operatività bancaria e che viene definita come un «uso distorto del credito fondiario o ipotecario», risultando oggettivamente intesa a «pregiudicare le concorrenti ragioni» degli altri creditori e viene pertanto «a configurare una violazione della par condicio». Il fatto che si tratti di una «prassi distorta», a dire della ricorrente, tuttavia non implicava che la sua adozione dovesse essere sanzionata con lo strumento della nullità, essendo la stessa piuttosto «rimediabile con lo strumento tipico dell’azione revocatoria». Il Collegio riteneva meritevole di accoglimento il motivo di ricorso appena riassunto.

Secondo un orientamento espresso dalla Corte, infatti, «qualora venga stipulato un mutuo con concessione di ipoteca al solo fine di garantire, attraverso l’erogazione di somme poi refluite in forza di precedenti accordi … nelle casse della banca mutuante, una precedente esposizione dello stesso soggetto o di terzi», risulta «individuabile il “motivo illecito” perseguito, rappresentato dalla costituzione di un’ipoteca per debiti chirografari preesistenti; tale garanzia è revocabile, in quanto concessa per nuovo credito, la cui erogazione è finalizzata all’estinzione di credito precedente chirografario» (cfr. Cass., 15 ottobre 2012, n. 17650; nella motivazione anche disamina dei precedenti da ultimo 29.2.2016 n. 3955). Il Collegio riteneva di dare continuità a tale orientamento e, per conseguenza della sua applicazione, accogliere il richiamato mezzo di impugnazione (Cass. n. 1807 e 26504 del 2013). Tanto motivato, pertanto, la Corte accoglieva il terzo motivo di ricorso e dichiarava assorbiti i restanti. Orbene, si può concludere che giudicato illecito è l’uso distorto dell’istituto non destinato a creare una riserva finanziaria, bensì diretto ad altri scopi, lesivi di altrui posizioni giuridiche soggettive; infatti, le parti, o una di esse, perseguendo fini indiretti e fraudolenti, determinano la disapplicazione della disciplina tipica del mutuo fondiario ed in particolare dell’art. 39 del D.Lgs. 1° settembre 1993 n. 385 e l’utilizzabilità dell’azione revocatoria, senza necessità di dover percorrere la diversa e ben più radicale via della nullità (pur non priva di valide argomentazioni).
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