A Scafati una delle basi logistiche dei prodotti contraffatti Made in China

Maxi operazione della guardia di finanza di Trieste arriva fino alla cittadina cerniera tra il Salernitano e Napoletano. Denunciati alcuni commercianti cinesi. E a proposito di contraffazione, un premio ad alcuni siti internet anche di quotidiani che hanno copiato la notizia pubblicata da La Città senza neanche citarla

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I finanzieri del Comando Provinciale di Treviso hanno sequestrato 682.722 prodotti pericolosi, tra cui articoli elettrici ed elettronici, dispositivi medici, giocattoli, cosmetici, articoli per alimenti, attrezzi e utensili per il “fai da te”, tessili e capi d’abbigliamento, casalinghi, prodotti per l’edilizia, componenti d’arredo per la casa, per un valore commerciale stimato di circa 10milioni di euro. Buona parte di questa merce arrivava in un deposito a Scafati dove poi veniva smistata sul posto o in altri esercizi commerciali della zona. Tre denunciati sono del deposito di Scafati, tutti cinesi, uno residente in un altro comune. E che fosse a Scafati il deposito lo aveva scritto La Città, con un articolo di Salvatore De Napoli. Insomma, tra tanti spacciatori di prodotti falsi ci sono anche quelle di notizie copiate, quelli che si svegliano presto la mattina per scopiazzare i giornali.
Tornando all’oggetto dell’articolo, qui di seguito riportiamo il comunicato della guardia di finanza di Treviso: «Sono 31 le persone, di varie nazionalità, denunciate alla Procura della Repubblica di Treviso per i reati di introduzione nello Stato di prodotti contraffatti, frode in commercio, apposizione di segni industriali mendaci, ricettazione, distribuzione di prodotti pericolosi privi delle certificazioni di conformità e delle garanzie per la sicurezza dei consumatori previste dalle normative europee e nazionali. L’indagine si inserisce in una più ampia strategia di intervento, che il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza sta da tempo attuando per intercettare e contrastare, anche grazie a sofisticate attività di analisi di contesto e di rischio, una serie di fenomeni illeciti, collegati tra loro, posti in essere da cittadini stranieri ai danni dell’economia nazionale e degli operatori rispettosi delle regole del mercato. In questo ambito, l’eliminazione dei controlli al confine con la Slovenia, il progressivo aumento dei flussi di veicoli in entrata e uscita dallo Stato, il crescente numero di operazioni economiche e finanziarie con soggetti e istituti di credito dell’Est Europa, hanno portato le Fiamme Gialle trevigiane ad adattare le loro tecniche di indagine e controllo, per far fronte ai sempre maggiori traffici transfrontalieri via terra, in uno scenario che vede il Veneto collocarsi a ridosso del confine di Stato, in una posizione di passaggio “strategica”.

Le attività investigative sono state condotte dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Treviso attraverso controlli mirati (anche notturni) ai caselli autostradali di Mogliano Veneto/Venezia Este Roncade/Meolo. Per comprendere l’importanza di questi due snodi autostradali, è sufficiente ricordare che ogni anno vi transitano oltre 5 milioni di veicoli, di cui il 10% circa sono autoarticolati provenienti dalla cosiddetta “rotta balcanica”. Quello che ormai è diventato un flusso ininterrotto di merci illegali ha il suo punto di approdo in Europa nei porti di Capodistria (Slovenia) e del Pireo (Grecia), dove giungono via mare quantità sterminate di prodotti, realizzati in Cina, contraffatti o privi delle dichiarazioni UE di conformità. I carichi, destinati al mercato italiano, vengono sdoganati sistematicamente (seguendo un percorso apparentemente contrario a ogni criterio di economicità, che ha il solo fine di evitare i controlli doganali da parte delle Autorità italiane) in alcuni Paesi dell’Est Europa (principalmente l’Ungheria),dove hanno sede gli “importatori comunitari”, in realtà mere società di comodo, di nuova costituzione, prive di dipendenti e strutture aziendali. Il valore di acquisto di ciascun “carico”, dichiarato in dogana, oscilla tra i 10.000 e i 40.000 euro, a fronte di un valore commerciale reale compreso tra 1 e 1,5 milioni di euro. Successivamente le merci, prive del marchio CE o marchiate con il logo comunitario contraffatto (spesso sfruttando l’equivoco derivante dalla somiglianza con la sigla analoga che simboleggia il “China Export”), sono introdotte illegalmente in Italia, da parte di aziende di trasporto estere, attraverso i valichi di confine con la Slovenia delle province di Trieste, Udine e Gorizia, a bordo di container o addirittura ricorrendo a camion frigo o anonimi telonati, per tentare di evitare i controlli lungo il percorso. All’interno dei mezzi, gli articoli sono stoccati in modo tale da rendere pressoché impossibile ogni forma di controllo su strada agli operatori di polizia, atteso che per svolgere una verifica puntuale occorre scaricare manualmente la merce in aree attrezzate per le successive operazioni di inventario. Quando ciò avviene, il controllo si conclude, nella quasi totalità dei casi, con la constatazione di irregolarità nella documentazione di sdoganamento (in cui le merci sono descritte genericamente e richiamando quantità e tipologie di articoli differenti da quelli effettivamente trasportati) e in quella di trasporto, in cui spesso vengono indicati destinatari inesistenti. In realtà, i prodotti sono destinati ad essere commercializzati in tutto il territorio nazionale nei cosiddetti “China Market”(da qui il nome dell’operazione), tant’è che la Guardia di Finanza di Treviso, su delega della Procura della Repubblica, ha perquisito le sedi di diverse aziende nelle province di Roma, Napoli, Salerno, Bari e Taranto. Gran parte delle società coinvolte nel meccanismo di frode, peraltro, vengono gestite –spesso tramite prestanome –in maniera tale da essere “operative” per un periodo di tempo limitato, per poi sparire sottraendosi al pagamento delle imposte e facendo rientrare i profitti ottenuti, tramite canali non ufficiali, nei Paesi di origine. L’operazione conclusa dalla Guardia di Finanza di Treviso è stata dunque finalizzata a tutelare gli interessi sia dello Stato che dei consumatori e degli operatori economici onesti, evitando l’immissione nel mercato italiano di merci pericolose e non conformi alle normative nazionali e comunitarie e la sottrazione di risorse finanziarie alla collettività».
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